Qual è la differenza tra la destra e la sinistra oggi, si chiedono in molti.
Molti direbbero, non senza ragioni, che è nulla.
di Andrea Zhok
Ma questa risposta, troppo secca, lascia in vita in molti altri la sensazione che non possa essere proprio vero, perché dopo tutto differenze sembrano esserci, dopo tutto esse sono credute esserci dai più.
Come noto, la distinzione tra destra e sinistra politica è sin dall’inizio una convenzione, legata non a determinati contenuti, ma alla contrapposizione tra gruppi politici su contenuti di volta in volta variabili. (Nei termini delle origini, in cui destra e sinistra si opponevano quanto all’atteggiamento nei confronti della monarchia, oggi ci sarebbe solo sinistra e nessuna destra, visto che i monarchici sono estinti).
Nel panorama contemporaneo la distinzione tra destra e sinistra esiste ancora, solo che non è affatto quella che i più pensano.
Destra e sinistra si distinguono esclusivamente
per il diverso modo in cui fraintendono se stesse.
La sinistra è l’unica forza pienamente e coerentemente liberale. Essa ha abbracciato l’eredità liberale senza remore, con entusiasmo, ne ha abbracciato l’antistoricismo, il moralismo bacchettone che convive con l’immoralismo reale dietro le quinte, il razionalismo utilitarista, la venerazione del mercato, l’individualismo, l’idolatria del progresso purchessia, la glorificazione del diritto soggettivo, il cosmopolitismo degli abbienti, l’emotivismo.
Però, curiosamente, la sinistra si immagina (in quelli che ancora ci credono) come un baluardo contro l’ingiustizia sociale; anche se le premesse liberali generano ingiustizia sociale in modo sistematico, implacabile e noto ormai da quasi due secoli.
Questo è il tipo di falsa coscienza, di compartimentazione mentale, di autoinganno strutturale che definisce l’essenza odierna della sinistra.
La destra invece, (per chi ci crede) si crede forza conservatrice
che si opporrebbe alla potenza dissolutiva del ‘progressismo purchessia’, della glorificazione del diritto soggettivo, del cosmopolitismo degli abbienti, che si oppone alla secolarizzazione forzata del razionalismo utilitarista. La destra si immagina baluardo del buon senso popolare che fa fronte rispetto al razionalismo dissacrante, alla liquefazione morale e sociale della modernità.
Però, curiosamente, la destra abbraccia senza remore i meccanismi di mercato, e anzi vorrebbe radicalizzarli ed estenderli ovunque. Dopo due secoli di consolidamento gli stessi modelli di mercato appaiono alla destra come parte del buon senso comune, della ‘tradizione popolare’.
Ma naturalmente i meccanismi di mercato sono esattamente il principale motore della liquefazione morale e sociale, sono la sorgente prima del razionalismo dissacrante, della mercificazione di ogni dimensione umana o sacra.
E questo è il tipo di falsa coscienza della destra
che recita la parte della preservazione dei valori, mentre butta palate di carbone nella macchina a vapore che i valori li tritura.
Nel panorama politico contemporaneo dunque noi abbiamo la scelta tra due forme di autoinganno.
Possiamo essere baldi alfieri della ragione liberale, che poi scuotono corrucciati la testa di fronte alle ingiustizie sociali promosse senza sosta da ciò di cui siamo alfieri.
O possiamo venderci come alfieri del buon senso popolare, della tradizione etica e religiosa, mentre promuoviamo h24 le forze che radono al suolo ogni buon senso, ogni popolo, ogni tradizione, ogni etica o sacralità.
Come sempre la realtà ultima, il significato storico concreto al di sotto della falsa coscienza si vede guardando qual è alla fine la direzione in cui tutti navigano, a prescindere da ciò che pensano di sé.
Destra e sinistra si alternano al comando della nave il cui pilota automatico impone l’estensione indefinita dei meccanismi di mercato e dell’accrescimento del capitale.
Ed entrambi si inventano ogni giorno una nuova scusa e una bella storia per ottemperarvi.