Si tratta di un cane che si morde la coda: la censura di tali espressioni è la negazione stessa dalla libertà d’espressione.
Esiste un’ampia gamma di discorsi che possono essere annoverati in quella che la cultura globale definisce -ainoi con il solito termine anglofono- come “hate speech“, ossia discorsi di incitamento all’odio.
Il primo problema, esiziale, con questo tipo di espressioni è proprio l’impossibilità di essere convogliate in una categoria unica. Possono essere considerati incitamento all’0dio, infatti, tutti i riferimenti, più o meno espliciti (e questo è il secondo problema) ad ideologie globalmente ritenute foriere d’odio e che hanno storicamente condotto a genocidi o omicidi di omosessuali, quali il comunismo, il nazismo, ma perfino il socialismo, in regimi ancora in piedi, su tutta la linea meridiana del pianeta, da Cuba alla Corea del Nord, passando per l’Africa.
Il secondo problema è la facoltà del ricondurre un discorso ad un’ideologia che ha molte sfaccettature: è un’operazione che non può essere affidata alla mente giuridica di un, pur colto e preparato, operatore del diritto come il giudice di un tribunale, penale o addirittura civile. Questo giornale, per esempio, attinge a piene mani dalle più o meno nefaste ideologie del Novecento, che hanno insindacabilmente forgiato, tra le altre cose, i diritti dei lavoratori, lo stato sociale, l’indipendenza delle nazioni, il mondo per come lo conosciamo oggi. O comunque per come lo conoscevamo fino a ieri, quando ancora il globalismo non aveva accentuato la sua egemonia sui popoli, ma questo è un altro discorso.
Quando lo svastichella di turno riempie di botte un omosessuale, o un annoiato figlio di papà di un centro sociale lancia una molotov contro la polizia, l’esercito, una sede di un giornale o l’ufficio di un’azienda, il tavolo si sgombra di equivoci. Siamo nell’ambito penale. Per uno svastichella o un no global infarinati di ideologia ed impastoiati di ignoranza, però, c’è qualcuno che queste ideologie le ha trasmesse loro. Qualcuno che ha spiegato loro come fabbricare una molotov o dove andare a comprare un tirapugni. Qualcuno che, in origine, è autore del peccato originale. Qualcuno che, nella maggioranza dei casi, starà nell’ombra in quanto aizzatore. E’ costui o costei fonte di biasimo massimo, più del povero demente, carnefice sì, ma pure vittima dell’ambiente.
Andare ad indagare su chi sia l’autore dei lavaggi del cervello, però, è azione pressoché impossibile. Tutti sappiano del fascino occulto che esercitano alcuni blog. Facciamo un esempio.
Chi non passa, tra noi, notte ubriache a leggere Svart Jugend? Il ragazzo, o signore (più probabilmente) ha instillato tutta un’ideologia della Roma Nord, conferendo al disfattismo della decadenza occidentale un punto di vista tanto fresco quanto annebbiato, che ha concesso ad un’intera fascia di (più o meno) giovani derelitti come noi di identificarsi in una linea di pensiero che non pensavamo nemmeno fosse condivisa. Chi non riesca a scindere il blog dalla realtà, poi, va a fare la fine di svastichella. Come chi legga i blog degli ex(?) brigatisti, che -è noto- intrattengono una fitta corrispondenza coi giovani dei centri sociali.
Ipotizzare che il lavoro della Digos comprenda il controllo, di concerto con la polizia postale e attraverso cavalli di Troia, degli elaboratori elettronici della parte di popolazione con una coscienza politica è quantomeno bizzarro. Una moderna Ovra, infatti, non potrebbe che acuire il sentimento di intolleranza verso l’autorità e gettare benzina sul fuoco. Uno stato così pressante, peraltro, si colloca nettamente al di fuori del concetto democratico della libertà d’informazione, che comprende altresì la libertà di informarsi.
In questi giorni in Gran Bretagna il capo del partito d’opposizione, il laburista Jeremy Corbyn, un sindacalista (che non gira in Ferrari come i nostri), è al centro del ciclone in quanto accusato di antisemitismo. Un’accusa seria, in un paese dove vivono molti ebrei, ma molti più mussulmani, tra cui, è ben noto, molti estremisti. Il problema dell’incitamento all’odio è molto sentito: un signore, un esponente di Hamas, invitato al Parlamento da Corbyn, ha detto che se l’Iran decidesse di bombardare Israele, andrebbe volentieri a danzare di gioia a Trafalgar Square. Le frequentazioni di Corbyn con individui del genere, negli anni, sono talmente reiterate da ingenerare più di un dubbio sul fatto che il sentimento antiebraico possa essere condiviso dallo stesso Corbyn. In realtà, con tutta probabilità, si tratta di superficialità nella scelta degli “amici”: politicamente imperdonabile, per carità. Ma il nodo della questione è: è possibile scandagliare ogni singola dichiarazione di un importante membro di un partito straniero, prima di invitarlo come ospite in un Parlamento per parlare di problemi impellenti per il futuro dei due paesi e del continente? Certamente no.
Ci sono però dei paletti che ogni nazione dovrebbe porre e che non dovrebbero essere oltrepassati mai, pena una sicura e certa detenzione carceraria. Non si dovrebbe poter pubblicare, per esempio: a morte gli ebrei!, oppure a morte gli islamici!, et sim. E in Costituzione abbiamo qualche riferimento.
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
L’articolo 21 è l’articolo della Costituzione italiana dedicato alla libertà di stampa. Il problema è stabilire quando frasi più sibilline non rientrino nella fattispecie ex art. 414 c.p., ossia l’istigazione a delinquere. Lo stesso 21 Cost., ult. co. dice:
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
In definitiva, il problema non viene risolto, perché si affida il concetto stesso della libertà di pensiero all’interpretazione giudiziaria di leggi che vengono dettate dallo sghiribizzo politico consensu e dal volksgeist, che in questo momento storico produce l’ignoranza legalizzata di nozioni come il “femminicidio”.
Allora: è necessaria una modifica costituzionale che descriva nel dettaglio i tipi di discorsi che devono essere censurati a priori?
Questa definitiva censura degli hate speech, unica soluzione astrattamente possibile e puntuale sarebbe però, a ben pensarci, la negazione stessa ed aprioristica della libertà d’espressione.