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Il curriculum per studenti? L’ennesima forma di oppressione neoliberista

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Il curriculum dello studente, introdotto dal governo, dovrebbe preoccupare molto più di quanto accade con le futili discussioni di costume che agitano quella parte di paese che si autorappresenta come impegnata, politicamente consapevole e attenta alle questioni pubbliche.

di Paolo Desogus

Da diversi anni la scuola è oggetto di una devastante mutazione senza che vi sia la minima opposizione. Da luogo di formazione del singolo nella comunità, la scuola è sempre più lo spazio di costruzione dell’uomo nuovo neoliberale, imprenditore di se stesso, collezionista di bollini per il curriculum e di competenze da esporre per vendersi nel mercato del lavoro.

Tutto questo viene spacciato per modernità, futuro, progresso, mentre invece rappresenta solo la tappa intermedia verso una nuova forma di oppressione.

La scuola in cui il singolo esce dalla propria dimensione familiare, si scontra con il passato, entra in contatto con l’altro da sé per mezzo dello studio della storia, delle lingue antiche e moderne, della letteratura e della cultura del passato, è considerata come qualcosa di superato da sostituire con la pedagogia delle competenze che intende adeguare il singolo all’attualità per ridurlo alla sola dimensione del presente così come pensato dalle classi dominanti.

In questa nuova ottica si deve andare a scuola

per imparare a stare sul pezzo, per essere in sintonia coi tempi, con le richieste del mercato. Occorrono dunque studenti in grado di saper assolvere nella vita quotidiana questi nuovi requisiti. Il curriculum dello studente serve a questo.

Si salva, si fa per dire, l’insegnamento scientifico, anche se naturalmente anch’esso viene sottomesso alla logica del mercato. La matematica, la fisica, la chimica e le altre materie sono sempre meno scienze e sempre più tecniche.

Il loro insegnamento consiste ormai in una forma di addestramento all’impiego di formule e procedure nella prospettiva di acquisire competenze per rendere lo studente utile, professionale, adeguato, addestrato, in una parola, competente.

Di fronte a questo declino

bisognerebbe essere franchi e dire che queste teorie pedagogiche basate sulla competenza sono sul piano della formazione pura spazzatura. La loro funzione è solo politica.

Occorre andare nella direzione opposta e tornare ad insegnare l’inattualità, l’estraniazione dal proprio mondo e naturalmente l’inutilità, cioè la capacità di essere non pezzi di un ingranaggio sottomessi alla necessità, ma esseri umani in rapporto dialettico con il mondo esterno e con i processi storico-politici.

 

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