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Il punto di vista totalitario marxista della Facoltà di Scienze Politiche

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Chi ha avuto la dissennata idea di iscriversi alla Facoltà di Scienze Politiche con le scarse conseguenze lavorative annesse si è sentito però premiato da un insegnamento sempre critico nei confronti dello sviluppo contemporaneo della società occidentale.

 Una Facoltà che non poteva rimanere chiusa in una teca di cristallo doveva per forza di cose rinnovarsi tramite un visione alternativa di tutto ciò che concerne la politica, in ogni ambito, per così diventare un’accademia ricettacolo di nuove idee e proposte.

Purtroppo però dietro a così tanta buona volontà si cela un difetto che ahi noi attanaglia quasi la totalità degli ambiti della conoscenza: trattasi della schiavitù delle menti intellettuali nei confronti di quel filosofo tedesco, interpretato in ogni modo, ma forse mai capito, che all’anagrafe era registrato sotto il nome di Karl Marx. Chi scrive ha sostenuto vari esami di Sociologia, altri di Geopolitica per arrivare ad esami più specifici riguardo ai meccanismi economici che regolano oggi il mondo della finanza; per quanto l’interesse abbia sempre prevalso su considerazioni personali, ecco che si parava davanti agli occhi una costante dell’ideologia del professore titolare del corso e dei libri grazie ai quali è possibile prepararsi per l’esame.

Partendo da uno spunto nobile, ovvero la critica al sistema capitalista, la cui ultima grande crisi ha fatto emergere ancora una volta tutte le contraddizioni di tale modus vivendi, ecco che però viene percorsa un’unica strada alternativa, un’unica critica viene analizzata, senza dar spazio a diverse voci che in passato su altre sponde hanno tentato di abbattere il mostro del “far soldi per farne altri“.

Le politiche economiche adottate dalla Cina di Mao e quelle di Lenin in Russia ecco che rappresentano l’unico spiraglio di salvezza per questi intellettualoidi, che ovviamente sorvolano su tutti i risvolti negativi verificatisi nei due regimi (i milioni di perseguitati politici). Gli esperimenti alternativi al capitalismo effettuati dai regimi fascisti in Europa tra le due guerre mondiali non vengono nemmeno presi in considerazione, sembra che quasi non siano mai esistiti.

Se la cricca di intellettuali delle università chiude un occhio rispetto ai misfatti perpetrati da Mao e compagni in nome dell’anticapitalismo, perché non dovrebbe fare lo stesso rispetto a regimi come quello di Mussolini o di Francisco Franco, altrettanto ricchi di spunti economici fuori dalla conformità capitalista?

Il Capitale di Karl Marx è la fonte più citata e utilizzata nei manuali di politologia e sociologia, mentre viene completamente misconosciuta la bibliografia di un grande pensatore come Ezra Pound che aveva teorizzato la “Terza Via” in alternativa a liberismo e marxismo, in particolare nell’opera “ABC of economics“, saggio rarissimo perché boicottato dal panorama culturale dominante.

Emblematica la frase del giornalista Massimo Fini che così spiega come il marxismo abbia potuto ottenere questo immeritato successo: “Capitalismo e marxismo sono due facce della stessa medaglia. Nati entrambi in occidente, figli della Rivoluzione Industriale, sono illuministi, modernisti, progressisti, positivisti, ottimisti, materialisti, economicisti, hanno il mito del lavoro e pensano entrambi che industria e tecnologia produrranno una tale cornucopia di beni da fare felice l’intera umanità. Per due secoli capitalismo e marxismo, apparentemente avversari, in realtà funzionali l’uno all’altro, si sono sostenuti a vicenda come le arcate di un ponte“.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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