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Caro Lotito e adesso che si fa?

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La squadra rivelazione dell’anno scorso che fino all’ultimo ha conteso il secondo posto alla Roma sembra essere sparita dai radar. Le cinque sconfitte patite fino ad oggi, compresa quella di Super Coppa, hanno forse lasciato il segno: ora lo spogliatoio non sembra essere più unito come prima e il malumore incomincia a serpeggiare nell’ambiente.

 

Si dice che quando una squadra va bene tutti i problemi svaniscono come neve al sole grazie all’entusiasmo dei tifosi e dell’ambiente che sanifica tutto e tutto corrobora in vista di sempre più esaltanti e altisonanti obiettivi. Vero, verissimo come altrettanto consequenziale è il malumore e il pessimismo serpeggiante che si vanno ad insinuare in seguito a crisi più o meno prolungate e più o meno preoccupanti.

 

La Lazio, la splendida realtà che l’anno scorso, sbeffeggiando le previsioni di tutti gli addetti ai lavori, ha offerto insieme alla Juve il miglior calcio della serie A arrivando terza ad un solo punto dai cugini giallorossi sembra improvvisamente non dare più segnali di sé. Le sconfitte patite in un precampionato quasi dimesso alle quali si aggiunge la scoppola patita in Super Coppa dalla solita Juve cinica e irraggiungibile hanno improvvisamente scoperchiato la pentola di un ambiente in ebollizione e rischiano di mettere più di un’incognita sul futuro della squadra.

 

Con il preliminare di Champion’s alle porte contro una compagine tedesca quadrata e quasi parente della stessa Lazio dell’anno scorso, le certezze su cui Pioli pensava di fondare il prosieguo del cammino improvvisamente si scoprono non essere più tali. Il neo capitano Biglia che improvvisamente dichiara coram populo di non essere più sicuro di (voler) restare, Keita che da di matto mentre i bianconeri salgono sul palco a ricevere la Super Coppa appena conquistata e i tifosi che assaltano letteralmente la rete sfogando improvvisamente una rabbia che si scopre repressa da tempo immemore sono elementi preoccupanti da non sottovalutare.

 

Se Biglia se ne va via improvvisamente, facciamo fatica a vedere all’orizzonte un suo erede in quanto nella stessa Lazio in questo momento forse non c’è al di là delle qualità di un Cataldi e di un Morrison che non sembrano però avere le chiavi per interpretare con la stessa qualità il centro campo laziale. Se va via Keita il danno sarà minore ma potrebbe dare la stura, in una sorte di reazione a catena, a tutta una serie di altri malumori che fino ad oggi erano stati “sedati” proprio da quel terzo insperato posto in classifica. Malumori che potrebbero ripartire da Candreva orbo di…tanta fascia di capitano che, nel caso di una partenza del nazionale argentino, non siamo così sicuri che sia disposto a fare da…tappa buchi riprendendosi buono buono il mal tolto.

 

Nel frattempo i mali della Lazio sembrano essere chiari e inconfutabili: oltre alla mancanza di un regista se va via Biglia, manca un terzino sinistro che dia affidabilità e tenuta sulla fascia di competenza e tali non sono al momento né Radu Braafheid. Manca un centravanti che sappia trasformare in oro le enormi potenzialità di un centro campo e una trequarti ricchi di fantasia che nessun’altra squadra in Italia ha in questo momento. Pensare di riuscire di nuovo con l’abilità dei centrocampisti a bucare quella dannata rete così come si era fatto l’anno scorso appare leggermente presuntuoso per il semplice fatto che non sempre si riesce a fare buon…gioco a cattivo viso.

 

I trentasette anni suonati per her Klose hanno un peso specifico di gran lunga superiore ai trentasei compiuti l’anno scorso: a questi livelli e con questa anagrafe ogni anno che passa appare sempre più determinante e…sempre meno correggibile. Djordjevic è un giocatore discreto che riesce a far salire su la squadra ma che non sembra avere le caratteristiche di un bomber spietato in doppia cifra, al massimo un buon comprimario. Ma allora se Klose, vista l’età, è da considerarsi a sua volta un ottimo comprimario e se in misura minore lo è anche il serbo dov’è allora l’attore principale? La risposta desolante è che al momento questa pedina manca e continuerebbe a mancare pure con l’ipotetico arrivo di Borini che è un trequartista, un attaccante di fascia ma non un centravanti di ruolo.

 

Se a questo aggiungiamo anche una preparazione estiva forse non proprio azzeccata che ha costretto Pioli a mettere in campo a Shanghai un gruppo di atleti con le gambe dure come macigni e le idee totalmente annebbiate dalla fatica il panorama è completo. Manca solo la ciliegina sulla torta arrivata puntuale ed è quella del dato inconfutabile e abbastanza deprimente secondo il quale la Lazio, tra le squadre medio alte, è quella che finora ha speso di meno nel mercato di entrata.
 

Allora il Presidente Lotito a questo punto e una buona volta per tutte, ci deve dire cosa vuole fare. Vuole continuare a vivacchiare con la squadra che naviga tra il settimo e il decimo posto lontano da sirene e suggestioni da grande squadra mentre i cugini veleggiano in ottica Champion’s e scudetto, oppure si decide una buona volta a fare quel salto di qualità che i tifosi di mezza Roma aspettano ormai da più di dieci anni?

 

Il problema è sempre questo: voler continuare ad andare a nozze con i fichi secchi significa anche continuare a mangiare quegli stessi…fichi secchi mentre gli altri hanno incominciato a pasteggiare a caviale e Champagne. E allora, se Lotito non è in grado con le sue possibilità di dare alla squadra e alla società quel lustro che meritano per tradizione e anche per blasone, perché non rinuncia ad una parte delle sue quote societarie e le vende a qualcuno che possa immettere capitali freschi così come sta succedendo nel Milan ed è già successo in toto all’Inter?

 

Lo stesso Manchester City fino a quando non sono arrivati i soldi della nuova proprietà aveva negli ultimi decenni veleggiato tristemente tra il decimo e il quindicesimo posto della Premier League e forse anche peggio, mentre ora è diventato improvvisamente un club di primissima fascia come d’altronde meritavano i suoi tifosi. Lotito prenda spunto da questi esempi e quindi si metta una mano sulla sua coscienza: è arrivato il momento di decidere ora e non domani cosa si vuole fare, a chiederlo sono i tifosi, la storia della Lazio ma soprattutto i valori che questa continua a rappresentare nel calcio italiano.

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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