Home / In Fuorigioco / La Fiorentina chiude il cerchio con il solito Cuadrado mentre la Lazio chiude…con i suoi tifosi.

La Fiorentina chiude il cerchio con il solito Cuadrado mentre la Lazio chiude…con i suoi tifosi.

Condividi quest'articolo su -->

 

Entrambe le squadre italiane approdano, come si sapeva già, nei sedicesimi di finale dell’Europa League, ma lo fanno con opposti stati d’animo. La Fiorentina lo fa conscia della sua forza e di un tasso tecnico che, se le cose andranno come devono andare, la potrebbe forse portare fino alla finale di Torino; la Lazio invece lo fa ben sapendo di essere la più debole delle quattro sorelle e sperando soltanto nella benevolenza dell’urna di Nyon.

Al pari della Juve infatti la squadra romana non sarà testa di serie e quindi potrà trovare sulla sua strada anche una squadra terribile come il Tottenham o magari un altro ospite indesiderato come la russa Rubin Kazan, ma anche le altre teste di serie non scherzano.

Ieri sera comunque i viola hanno dato una nuova dimostrazione di quanto siano una squadra quadrata e tatticamente ben impostata da un Montella che, nonostante la giovane età, dimostra di essere tra i tecnici più navigati e talentuosi del nostro campionato. Dopo una prima mezzora un po’ sonnolenta e con il Dnipro pronto ad approfittare di questo sopore con un bel goal ad opera del suo maggior talento naturale Konoplyanka, la Fiorentina si sveglia e al 42°, su splendido cross di Cuadrado, Joaquin incorna in rete per il pareggio. Nella ripresa, dopo aver invertito i due esterni, appunto Cuadrado e Joachin, la Fiorentina riesce a ribaltare il risultato al 32° con Cuadrado che, in un’azione magica delle sue, da destra spara e insacca un siluro impressionante per potenza e precisione e regala la vittoria definitiva e la testa del girone ai suoi per la verità non tantissimi tifosi. Ora, ben sapendo che non dovrà incontrare almeno ai sedicesimi le altre italiane, la Viola potrà rilassarsi nello shopping natalizio in attesa di sapere il suo prossimo avversario. Le possibilità di un sorteggio benevolo a questo punto sono alte con i soli Aiax e Porto e al limite  la Dinamo Kiev da evitare ma con tutte le altre assolutamente e piacevolmente abbordabili.

Sul fronte infelice della sponda destra del Tevere invece il tema della prima parte del campionato continua ad essere mestamente lo stesso. Lo zero a zero finale è il risultato dell’inutile “rantolare” in campo di una squadra, quella laziale,  incapace di offendere, con un noioso e scialbo tiki taka che, a differenza di quello ben più nobile del Barcellona, non porta a nulla se non ad un irritante ripetersi di gesti tecnico-atletici da bassifondi del calcio. Il discorso lo abbiamo già affrontato ed è sempre lo stesso, spiace dirlo e ribadirlo, la squadra è figlia del suo presidente e ne ha pure  il Dna. Per controllare l’esattezza di questo concetto quasi lapalissiano, come abbiamo quasi stucchevolmente sottolineato già un mare di volte, basta andare a verificare lo scarso valore tecnico degli acquisti effettuati nella stramaledetta estate scorsa, acquisti che non avrebbero potuto in alcun caso, a meno di non credere nei miracoli, non solo migliorare una rosa già anziana e in pieno declino fisico, ma neppure apportare un benché minimo quid migliorativo dal punto di vista tecnico.

Se il buon Lotito si fosse fatto due calcoli, la Matematica a differenza del Latino, non è evidentemente il suo forte, si sarebbe reso conto che, a 35 anni suonati, Klose, con un campionato del mondo ancora da giocare, avrebbe più marcato visita che giocato, come inevitabilmente è accaduto. Avrebbe dovuto capire che i 5-6 goal a stagione di Floccari non avrebbero potuto supportare questo terribile buco in organico. Avrebbe dovuto capire che il buon Keita avrebbe potuto pure far vedere sprazzi di classe ma che avrebbe avuto il diritto di disporre ancora di tempo e anche tanto, per sviluppare le sue doti naturali non in modo precipitoso, con il rischio, tra l’altro, pure di bruciarsi. Lo stesso patron avrebbe dovuto capire che Perea era e resta soltanto un rincalzo di terza fascia da far giocare solo negli ultimi venti minuti in Coppa Italia a risultato già acquisito, oppure in alternativa avrebbe dovuto andare a farsi le ossa un paio di anni in qualche squadra di Lega Pro. Lo stesso presidente, provetto latinista,  ma evidentemente meno esperto in problematiche di mercato calcistico, avrebbe dovuto capire che pagare circa 8,5 milioni per un Anderson, che veniva da un infortunio di parecchi mesi e con un curriculum ancora ampiamente acerbo e tremendamente breve, era ed è stato un rischio, una scelta a perdere. Sempre lo stesso presidente avrebbe dovuto capire che la difesa aveva bisogno di ben altri innesti, sicuramente non inquadrabili e identificabili con il povero Novaretti, buono a marcare i labilissimi e sonnolenti attaccanti messicani, ma molto meno quando si tratta di marcare i veloci e imprevedibili  attaccanti della nostra serie A. Sempre il nostro uomo avrebbe dovuto sapere che il centrocampo, ormai da mesi orfano definitivo del latitante Hernanes e con la perdita secca di Mauri, oltre alla sempre maggiore lentezza e minore precisione di  Ledesma, aveva bisogno di un paio di innesti di qualità e la scelta di Biglia, lento come un orso polare e in grado di dire la sua solo se circondato da una squadra con le strisce verticali bianco azzurre che esegue i movimenti a memoria, non era precisamente quello che serviva per dare vivacità e tonicità ad un centrocampo scialbo e totalmente deprivato di idee. E abbiamo finora  taciuto per decenza sugli altri due acquisti a nome Vinicius ed Elez, spariti presto dai radar, con il secondo che ha collezionato soltanto qualche onesta presenza nella squadra Primavera e il primo che si è probabilmente…nascosto in qualche anfratto di Formello. Se con questi innesti Lotito pensava di ambire alla zona Champion’s o almeno a quella dell’Europa League bè…qualche dubbio onesto sulla bontà di queste operazioni  consentitecelo.

L’uscita poi di scena all’ultimo minuto del mercato di agosto di Yilmaz e il precipitoso e arruffato tentativo dell’ultimo secondo di provare a raffica con i vari Quagliarella, Gilardino e altri non ben identificati senza ovviamente riuscirci, sanno tanto di improvvisazione, un’improvvisazione che stupisce soprattutto se pensiamo che stiamo parlando di una società di serie A per giunta quotata in borsa. Stupisce pure che in tutto questo “baillamme” non ci sia stato lo straccio di nessuno che si sia permesso di dare qualche consiglio salutare ad un presidente sempre più in confusione di idee. Ed è questo che stupisce di più, perché se è possibile e lecito che un presidente, che non è un tecnico e quindi non ha e non può avere le competenze specifiche in materia, possa sbagliare, molto meno lecito è che qualcuno non glielo abbia impedito. A questo punto c’è da chiedersi che cosa ci stia a fare là in mezzo Tare se non è, come sembrerebbe, in grado di dire la sua e di far valere le, finora ancora potenziali, conoscenze tecniche che di solito si richiedono ad un  direttore sportivo.

A questo punto le possibilità sono due: o il buon Tare non ha ancora l’esperienza e le competenze giuste per poter operare a certi livelli e quindi anche lui avrebbe bisogno di andare a farsi le ossa presso qualche società minore, oppure è troppo buono e arrendevole oltre a non avere evidentemente il carisma e la forza di opporsi alle decisioni errate del suo presidente. Per la verità ci sarebbe anche una terza ipotesi, pure inquietante: quella che vede lo stesso Tare in perfetta sintonia con il suo presidente e allora qui la cosa si farebbe grave perché in questo caso a sbagliare clamorosamente e ripetutamente sarebbero stati in due. L’unico risultato comunque finora…apprezzabile della gestione Lotito è stato quello di allontanare definitivamente i tifosi dalla propria squadra, tifosi laziali che per tradizione non sono mai stati particolarmente “caciaroni” e non sono capaci di fare sorprendenti manifestazioni di malcontento popolare: la loro storia è fatta soltanto di mesti e dignitosi ripiegamenti e di progressivi e ciclici allontanamenti dal prato dell’Olimpico e da quello di Formello. Lotito può stare quindi tranquillo, se il suo scopo era quello di fare piazza pulita dei contestatori e di fare terra bruciata intorno a sé stesso e alla società che sta rappresentando, ci sta riuscendo perfettamente. Dino Buzzati, se fosse ancora vivo, vedendo l’attuale “affollamento” dell’Olimpico, che fu spettatore di ben altre imprese, avrebbe materiale sufficiente per scrivere un bel “sequel” del suo famoso romanzo “Il deserto dei Tartari“. 

Condividi quest'articolo su -->

Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

Cerca ancora

Il Bologna ferma il Milan e riapre il campionato

Il Bologna esce indenne dal campo di San Siro e il Milan si deve accontentare …