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Fiorentina che goal! Lazio: disastro annunciato.

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Nel posticipo di ieri la Fiorentina riesce ad avere ragione di un Verona indomabile mentre la Lazio viene polverizzata dall’attacco atomico del Napoli.

La partita di Firenze ha dimostrato come il calcio di alcune squadre che fino a poco tempo fa non erano prese in considerazione dai bookmakers del calcio nostrano o addirittura languivano tra la serie B e la Lega Pro, sia diventato di eccelso livello.

Se è pur vero che dietro il risultato finale di 4 a 3 per la Fiorentina ci sono stati anche evidenti errori da parte delle difese, è da dire che le due squadre si sono affrontate da par loro in quella che è sembrata anche una sfida di altri tempi, roba da tenere rimembranze di messicana memoria. Borja Valero, e non solo per la sua personale doppietta, ha dimostrato di essere un giocatore fondamentale per la squadra viola, forse, non sembri un’eresia questa, ancora più fondamentale dello stesso Cuadrado.

In una sera in cui la vena di Pepito Rossi, rigore a parte, sembrava un po’ appannata, una Fiorentina veloce e rapida nelle ripartenze ha messo spesso in soggezione una difesa avversaria sembrata in più di un’occasione un po’ statica. Dall’altra parte i vari Romulo, Iturbe, molto simile allo Zarate prima maniera sia nelle fattezze che nelle raffinatezze tecniche, e Jorginho hanno tenuto testa alla pressione viola rendendo la partita viva fino all’ultimo, nonostante il Verona sia rimasto in dieci per gran parte del secondo tempo dopo il fallo da rigore di Jankovic. Bellissimo il goal del 3-2 della Fiorentina ad opera di  Vargas.

Quanta differenza comunque con la gara incolore di giovedì sera con il Pacos Ferreira: evidentemente gli stimoli del campionato sembrano ben altra cosa rispetto a quelli appannati dell’Europa, almeno di quella del primo turno. Comunque alla fine il pubblico insieme al redivivo Batigoal comparso sugli spalti per la gioia dei suoi antichi fans, è uscito dallo stadio contento e con una sicurezza in più: la Fiorentina per il discorso coppe c’è. Se poi questo discorso riguarderà addirittura la zona Champions è presto per dirlo, di sicuro la Fiorentina vista questa sera sembra possedere le qualità per chiedere qualcosina di più rispetto alla stessa Europa League: se son rose fioriranno attorno al giglio.

Se a Firenze si ride, a Roma, sponda Lazio, siamo ormai al pianto dirotto. La squadra al cospetto di un Napoli di ben altro livello incappa nella seconda umiliante sconfitta consecutiva in casa. Ormai non è più tanto questione di Europa o non Europa, qui stiamo parlando di una squadra che si sta mestamente avviando verso la zona retrocessione e non si vedono attualmente vie di uscita.

Vedendo giocare le due squadre ci si è potuti rendere conto della differenza esistente tra una squadra di alta classifica, appunto il Napoli, e una squadra che dovrà incominciare a confrontarsi con il suo vero obbiettivo stagionale: la salvezza. Tale e tanta infatti è stata la differenza tecnica, tattica e di gioco tra gli azzurri partenopei e i biancocelesti. Una differenza che sta, in primis, tra un attacco stellare composto da Higuain, Pandev, a suo tempo colpevolmente  isolato e poi allontanato dalla presidenza laziale, e dall’altra dal povero e timido Perea, il solito sterile Floccari e la promessa Keità. Se è pur vero che quest’ultimo ha dato uno squarcio di luce in una serata fuliginosa e tetra, è impossibile, a meno di non chiamarsi Lotito, non rendersi conto della differenza di peso, di personalità, di velocità, di tecnica tra la prima linea laziale e quella partenopea.

Come enormi differenze si sono viste nei reparti difensivi, lento e impacciato in particolare quello laziale, con Ciani gigante di piombo alle prese con un Higuain che lo ha letteralmente ridicolizzato così come ridicolizzato è stato il suo compagno di reparto Cana. Per arrivare infine al centrocampo dove manca un regista degno di questo nome e dove continua l’assenza ingiustificata di un ormai quasi irrecuperabile Hernanes. Il gioco della Lazio ormai si basa in modo stucchevole solo e soltanto sulla buona volontà e gli scatti di Candreva e su qualche guizzo dell’ottimo Keità, il resto è approssimazione, tiracci fuori, passaggi e cross sballati, mancanza di idee, mancanza di gambe e di velocità.

Il problema qui non è tanto nella volontà dei singoli che ci mettono encomiabilmente tutto quello che hanno nelle corde, il problema semmai è relativo alla capienza di quelle stesse corde. Insomma, per dirla proprio tutta, il livello tecnico della squadra messa a disposizione di Petkovic dall’unico “duo delle meraviglie” per ora in casa Lazio, ovvero Lotito e Tare, è di livello alquanto mediocre, di un livello tanto basso che adesso la squadra rischia seriamente di essere risucchiata nella zona retrocessione. L’errore di Petkovic semmai è stato quello, comunque grave, di non aver puntato i piedi ad agosto quando inopinatamente la società ha messo nelle sue mani, invece di un fucile mitragliatore, una semplice fionda con tanto di sassolini in dotazione. Se avesse reagito allora, forse sarebbe stato costretto a fare le valigie ma comunque ne sarebbe uscito con maggiore dignità di quanta ne potrà salvare ora che dirigenza e molti tifosi lo vedono come l’unico artefice di questo disastro annunciato.

Chi vuole il bene di questa società e che rimpiange i tempi in cui sul ponte di comando ci stava un certo Sergio Cragnotti, non può non augurarsi a questo punto che le responsabilità e gli errori marchiani di una gestione irresponsabile e dalle dubbie competenze calcistiche, vengano finalmente a galla. Dubbie competenze per aver risposto alle necessita di una difesa che faceva acqua da tutte le parti con gli innesti di Elez  (chi l’ha visto?), Vinicius (chi l’ha visto?) e Novaretti (l’abbiamo visto!). Dubbie competenze per aver cercato di dare neuroni ad un centrocampo apatico e lento con l’innesto di Biglia ( anche lui già visto!) e infine per aver rinforzato un attacco ormai quasi orfano di Klose e sterile come la moglie di Abramo, con il povero ragazzino Perea non ancora pronto per il nostro campionato.

Questo va detto per rispetto dei tifosi, fin qui troppo buoni, pazienti e innamorati di questi colori. E’ brutto vedere come una società tra le più antiche e prestigiose del nostro campionato debba andare incontro ad un tal triste destino e declino per colpa di chi probabilmente non ha né il peso né le conoscenze in materia per tenere adeguatamente il timone di una nave che sta lentamente andando a fondo. Più che un cambio tecnico di allenatore che, visto il livello dell’attuale rosa a disposizione, non cambierebbe di molto le cose, bisognerebbe incominciare a guardare all’orizzonte con la speranza che possa ripetersi anche a Roma, sponda biancoceleste, quello che è avvenuto in società come il Manchester City o il Paris Saint Germain, dove squadre originariamente destinate a languire nelle zone marginali dei loro campionati, ora vincono e sono in lizza per la Champion’s, miracoli di chi ha messo i soldi ma soprattutto le competenze adeguate.

Lotito, se ha ancora un minimo di obbiettività e di onestà intellettuale, dovrebbe fare a questo punto una sacrosanta autocritica e ammettere le sue immani, assolute ed esclusive responsabilità per un simile disastro ormai quasi irrecuperabile. Gli farebbe onore, sicuramente più che non addossare ad altri, leggi Petkovic, colpe che solo lui ha e che stanno portando la Lazio verso l’ennesimo baratro della sua gloriosa storia. L’umiltà fa miracoli e potrebbe salvare quanto c’è ancora di valido da salvare: in primo luogo la dignità.  

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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