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Lazio, segnali dal futuro. Fiorentina in bianco.

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Il tridente di belle speranze messo coraggiosamente in campo da mister Petkovic lo ripaga con due goal e con il passaggio del turno contro i modesti polacchi.

Una vittoria che in tempi grigi e plumbei come questi vale oro ma che comunque non può far dimenticare le tante, le troppe magagne di una stagione finora fallimentare. Se è pur vero che la Lazio ha un futuro rappresentato dai suoi giovani virgulti è altrettanto doveroso sottolineare che la stessa Lazio, allo stato attuale, non ha un presente.

Il Presidente Lotito, come abbiamo già avuto modo di sottolineare più volte, questa estate ha commesso l’errore grossolano di pensare di recuperare competitività basandosi quasi esclusivamente su un gruppo di giovani promesse del calcio prese, a costi in certi casi anche elevati, dai campionati del Sudamerica o recuperate dalla Primavera. Nel tentativo di rinnovare un gruppo ormai anziano e in crisi di identità, si è, con l’eccezione finora fallimentare di Biglia e Novaretti, saltata una generazione intera, quella per intenderci che va dai 23 ai 29 anni. Una decisione questa troppo ardita e che non ha dato alla squadra le certezze e le basi di cui aveva assoluto bisogno, leggi un attaccante di peso là davanti che dia garanzie realizzative e non solo speranze, o leggi un difensore navigato e tecnicamente affidabile. Anche a centro campo serviva un leader carismatico in grado di prendere in mano la squadra dandole le geometrie ma anche la scossa necessaria, una figura che ora come ora continua a mancare terribilmente 

Se è pur vero che un Perea, un Anderson e un Keita saranno destinati in futuro a fare anche grandi cose, allo stato attuale non possono rappresentare altro che una vaga e incerta scommessa. Questi ragazzi non possono certamente rappresentare l’eccezione rispetto alla regola di tutti gli altri ragazzi, pur di alto livello, della loro generazione. Le giocate buone, certe volte anche ottime, finiscono per alternarsi fatalmente con errori anche banali determinati dalla loro inesperienza, vedi il mancato marcamento da parte di Perea in una delle rarissime azioni offensive del Legia o il primo tempo letargico di Anderson continuamente stimolato da un Petkovic con la frusta in mano. Se fare goal contro una formazione che al massimo può competere nelle zone basse della nostra classifica di serie B può essere scolasticamente facile, le cose per questi pur lodevoli ragazzi si complicano progressivamente man mano che il livello tecnico delle avversarie aumenta. Ed è normale che sia così, di Maradona, già al top all’età di 19 anni ne nasce uno ogni mezzo secolo.

Ecco perché la Lazio riesce a fare la voce grossa per ora soltanto in Europa League mentre in campionato deve considerare un’impresa riuscire a pareggiare in extremis sul campo di una Sampdoria ridotta in dieci o strappare un punticino sul campo del Sassuolo, salvo poi perdere in casa con il Genoa. Se nel campionato italiano il valore tecnico delle squadre fosse mediamente quello del Legia, la Lazio di questi tempi sarebbe sicuramente nelle primissime posizioni ma purtroppo non è così. Il nostro torneo, anche se un po’ dequalificato rispetto al passato, è comunque giocato da squadre che almeno a livello difensivo, non lasciano nulla al caso, dove giocate come quella pur deliziosa di Perea che ha permesso di segnare la prima rete, non sarebbero possibili se non come benevolo regalo natalizio. Dove è difficile pure vedere un goal come quello di Anderson, libero di tirare con tutta tranquillità senza uno straccio di marcatore che glielo impedisca. No, di simili regali nel nostro pur non eccelso campionato non se ne vedono spesso, anzi quasi mai per la verità. C’è anche da dire che una Lazio cinica e tosta di reti ieri sera avrebbe potuto farne a grappoli e invece si è rivisto, a parte le due realizzazioni, il solito film dell’infausto periodo laziale. Un film fatto di tiracci  alle stelle o flosci e in  bocca al portiere, insomma il  solito contesto fatto di mancanza di lucidità e cattiveria sotto porta che da troppo tempo caratterizza la sterilità biancoceleste.

E’ chiaro che questa non vuol essere una critica ai giovani gioiellini laziali, anzi semmai uno sprone a fare meglio in futuro, ma appunto, di futuro per ora solo si tratta. I tifosi che amano questa società devono farsene una ragione, il loro presidente, nonostante fosse arrivata l’ora di dare un’accelerazione definitiva al doveroso processo di risalita della società verso le mete che le competono, ha semplicemente deciso di concedersi una stagione di riflessione e di transizione. La conseguenza è che la squadra ora staziona nelle zone non nobili del centro classifica con il rischio neppure tanto remoto di finire un bel giorno risucchiata anche nelle sabbie mobili di zone molto pericolose. Certi errori si pagano come furono pagati puntualmente quando, dopo un mercato estivo inesistente, la Lazio di quattro anni fa venne salvata in extremis dalla retrocessione grazie allo zio Edy Reja.  

Lotito dovrebbe guardare e imparare dalle altre società che, come la sua, non dispongono di grandi capitali. Potrebbe rendersi conto di come gli altri riescono spesso a trovare il sistema di trasformare in ottima frittata anche la miseria di due uova: è solo questione di capire i meccanismi di trasformazione biologica, ovvero, in questo caso, di conoscere le leggi che regolano il calcio e da queste trarne le dovute conseguenze. L’alternativa a tutto questo non è piacevole e quella stessa frittata potrebbe trasformarsi pericolosamente nella sua… meno appetibile  metafora.

La Fiorentina, già ampiamente qualificata e prima nel suo girone, si concede una vacanza portoghese, non andando oltre il pari con un volenteroso quanto tecnicamente risibile Pacos Ferreira. La linea iniziale schierata da Montella fatta di tante seconde scelte per far rifiatare gli altri non ha dato i frutti sperati e anzi i gigliati hanno rischiato pure di farsi impallinare dai modestissimi lusitani tristemente adagiati nel fondo classifica sia del girone che del loro campionato. In uno stadio surreale dove i cinquantuno tifosi viola sono in maggioranza rispetto ai…quarantanove tifosi locali, la Fiorentina ha pensato soltanto di farsi un’utile sgambata in attesa di riprendere il discorso, sicuramente più serio, del campionato. Uno zero a zero che si dipana tra il nulla e, appunto, un paio di squilli da parte dei…Pachitinhi, che avrebbero pure potuto dare una svolta diversa alla partita.

Nel secondo tempo Montella decide di mettere in campo i suoi pezzi da novanta, ergo Cuadrado e Pizarro, e le cose infatti cambiano subito dando alla manovra viola quella verve mista di velocità e fantasia che nel primo noioso tempo era completamente mancata. Lo sforzo profuso in attacco per cercare di fare terra bruciata nei confronti di un Dnpro, nel frattempo vincente a casa sua e sempre alle calcagna in classifica, non ha impedito alla Viola di rischiare di subire il tracollo verso la fine della partita ad opera di Manuel José che, lanciato in pericoloso contropiede, spara a botta sicura ma viene miracolosamente neutralizzato da una gran parata di Munua. La partita finisce così a tarallucci e Mateus con la Fiorentina già promossa da tempo immemore e ancora prima nel girone. Ora l’Europa League, quella vera e impegnativa, sta per iniziare, fiorentini e romani sono avvertiti: il tempo delle mele da una parte e quello degli esperimenti dall’altra è finito, qui o si fa l’Italia o…si finisce fuori.

Legia Varsavia 4-2-3-1: Kuciak, Sodlowiek, Dvaliskvili, Wawrzyniak, Brzyski, Bereszynski, Vrdoliak, Pinto, Rzezniczac, Radovic, Furman (Ojamaa, Nikita, Astiz) All. Urban

Lazio 4-3-3: Berisha 6, Cavanda 6, Radu 6,5, Ciani 6, Gonzales 6+, Cana 6, Biglia 5,5, Keita 6,5, Hernanes 5,5, Felipe Anderson 6, Perea 6+ (Onazi 6, Floccari 6-, Lulic 6) All Petkovic 6;

Arbitro Blom (Ned)

Patos Ferreira 4-3-3: Filipe, Lopes, Tiago Valente, Ricardo, Toni, Leao, Seri, Anunciacao, bebè, Ruben Ribeiro, Manuel José ( Oliveira Hurtado) All Calisto

Fiorentina 4-3-2-1: Munua 6,5, Roncaglia 6, Tomovic, 6-, Compper 6,5, Marco Alonso 6, Bakic 5,5, Aquilani 6, Ambrosini 5,5, Ilicic 5, Mati Fernandez 6,5, Matos 6( ( Cuadrado 7, Pizarro 6,5, Yakovenko 6) All Montella 6

Arbitro Shemeulevitch (Israele)

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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