Una Roma generosa ma sprecona si deve accontentare del pari all’Olimpico contro un Cagliari roccioso e ben disposto sul campo. La Juve ringrazia e ora guarda tutti dall’alto.
Doveva essere per la lupa giallorossa la serata delle risposte definitive sul ruolo che si era costruita in questa prima parte del campionato, c’erano tutte le premesse perché il Cagliari dovesse recitare buono buono la parte della vittima sacrificale consentendo alla Roma di riagguantare la vetta della classifica. E invece, per la terza volta consecutiva, dopo il pareggio con il Sassuolo e quello in trasferta con il Toro di Ventura, la squadra di Garcia è costretta a rallentare nuovamente e a guardare dallo specchietto retrovisore il sorpasso dei ragazzi “terribili” di Conte. Certo, come ha ammesso seraficamente De Rossi a fine partita, la Roma rimane pur sempre ad un solo punto di distanza da una squadra di “fenomeni”, ma di certo quelle parole gli devono essere costate parecchio come parecchio sono costate a tutto l’ambiente giallorosso. Rimane comunque il fatto che la squadra continua a rimanere ad un livello di classifica che fino a solo tre mesi fa sembrava inarrivabile e non preventivabile neppure nelle più rosee aspettative.
Forse, se possiamo fare un paragone con lo sport durissimo dei pedalatori a due ruote, i ragazzi di Garcia hanno lanciato la fuga un po’ troppo presto e, come succede sempre in questi casi, si sono fatti risucchiare dal gruppo, inteso come…gruppo Juventino: uno sbaglio di tattica nella conduzione del campionato? Forse, anche perché dare una tirata disumana per dieci turni consecutivi con un ritmo che nell’Europa pallonara non si era mai visto, deve aver fatto esaurire una parte di quelle quasi incredibili energie che sembravano aver baciato magicamente una Roma formato Supereroi. Ora che la Juve si è installata a quel primo posto a cui ambiva con determinazione feroce e disumana, sembra difficile, almeno nel breve periodo, riuscire a scalzarla di nuovo: anche se il pallone non è una scienza matematica esatta è pur sempre dotato di una buona approssimazione.
Di certo c’è solo il fatto che il discorso scudetto, almeno per ora, sembra riguardare solo queste due squadre anche perché il Napoli sembra maggiormente impegnato mentalmente e fisicamente nella competizione continentale mentre l’Inter, che pure non ha la coppa, non sembra ancora possedere l’organico giusto per competere ai massimi livelli; altre pretendenti per ora all’orizzonte non se ne vedono. Parlando della partita di ieri, il Cagliari, come dicevamo, si è bene organizzato nella sua metà campo andando a pressare i centrocampisti giallorossi per poi ripartire con veloci contropiedi che però, tranne in un paio di episodi, sono sempre evaporati all’ingresso dell’area avversaria. La Roma, dal canto suo, ha creato occasioni a valanga sempre rintuzzate da un super Avramov, il migliore in assoluto della serata. Il portiere cagliaritano si è superato nel primo tempo sul colpo a botta sicura di Strootman e soprattutto in occasione del tiro con parabola mortifera di Maicon nella ripresa, quando vola plasticamente, contro tutte le leggi conosciute della fisica, e con la punta del guantone toglie letteralmente la palla dall’angolino in alto a destra della porta, un tuffo che vale da solo il biglietto, roba da cineteca del calcio. Se pensiamo che lo stesso portiere serbo ha già la bellezza di 34 primavere sulle spalle c’è da togliersi tanto di cappello… e soprattutto c’è da chiedersi che cosa tenga ancora in…serbo per le gioie raffinate dei cultori del bel calcio. Lo stesso Avramov, riesce con un balzo felino a togliere la palla dalla riga su perfetto colpo di testa di Castan chiudendo allo scadere le speranze residue del popolo giallorosso. Ora i giochi si riaprono e questo duello di antiche memorie violesi e bonipertiane, ci fa ripiombare indietro nel tempo antico in cui Roma e Juve si guardavano con occhi grifagni in un duello italo-franco-brasiliano ( vedi su tutti: Platini, Rossi, Conti, Falcao) e si contendevano fino all’ultima stilla di sudore il Sacro Graal del calcio nostrano.