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Rapporti tra mass media e società di calcio: tra figli, figliastri e…figli della serva.

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Per una volta tanto non mi dilungherò a parlare di tattiche o di mercato o di quale squadra sia la favorita al titolo, voglio invece dedicarmi ad un argomento molto complesso dove spesso sembrano prevalere logiche che poco hanno a che vedere con lo sport più amato del Paese: parliamo del complesso rapporto che oggi esiste tra il mondo del calcio e quello della stampa, sia scritta che televisiva.

Un rapporto che, ora come ora, mi lascia con molti dubbi, sospetti e perplessità. La prima cosa che ho provato a fare è stata quella di tentare di paragonare la situazione attuale con quanto accadeva, a memoria mia, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta. Ebbene il risultato della mia indagine è chiaro e inequivocabile: i rapporti allora erano di gran lunga più corretti e basati su una sostanziale equità ed equilibrio, mentre oggi la situazione appare alquanto deteriorata e…sospettabile. Allora lo spazio che la Tv di Stato dava alle maggiori squadre della serie A, Juve, Milan e Inter, era sì maggiore rispetto a quello relativo alle altre forze del campionato ma il rapporto non era così sproporzionato come oggi dove, con l’eccezione del Napoli e della Roma di cui parleremo dopo, le squadre che non fanno parte del “gota” del calcio si devono accontentare delle bricciole.

Se infatti è giusto, per carità è il blasone a pretenderlo, che le tre grandi squadre del nord abbiano maggiore risonanza rispetto alle altre, non è altrettanto corretto, e qui ci sarebbe da indignarsi, che la differenza sia diventata negli anni così sproporzionata. Ripeto, qui non si discute il differente peso mediatico che ci può anche stare, ma semmai l’entità di questo differente peso, una sproporzione che è divenuta con il passare degli anni sempre più evidente, ingiustificabile e arbitraria. Basti pensare che, a parte le tre grandi più il Napoli e la Roma la somma di tempo e di attenzione dedicata complessivamente a tutte le altre risulta essere non superiore ad un decimo. E questo si fa molto più evidente nell’informazione televisiva, dove se una grande perde con una cosiddetta piccola, non si parla mai dei meriti di quest’ultima ma, al limite, dei demeriti della prima sottolineandone un presunto stato di crisi.

Francamente tale differenza di metro e di giudizio ci appare non giustificabile anche perché nel mucchio delle “altre” ci sono società, come il Torino, il Genoa, la Fiorentina, il  Bologna e la stessa Lazio,  ugualmente ricche di tradizione e di blasone e con un bacino di utenza tutt’altro che disprezzabile. Eppure a queste viene dato più o meno lo spazio che si darebbe ad una squadra di serie B con tanti saluti al rispetto delle società stesse e dei loro molti tifosi al seguito. Anche squadre come la Sampdoria e il Parma, che hanno dato al calcio italiano un contributo in campo nazionale e internazionale decisamente importante, con Coppe Italia, Scudetti, coppe vinte e finali prestigiose, da anni ormai languono nelle retrovie dei molti, tanti dibattiti pseudo calcistici, in pratica giacciono nel dimenticatoio.  Dimenticatoio inteso come un pietoso e rapido accenno elargito ogni tanto per gentile concessione e finisce lì. E non ci si venga a dire che i tempi televisivi sono limitati: basta vedere quello che succede nella Domenica Sportiva e nelle altre trasmissioni delle emittenti a pagamento, trasmissioni la cui durata è decisamente importante, dove l’ottanta, ma che dico, il novanta per cento del tempo viene dedicato alle tre grandi del nord più il Napoli e la Roma. Alla faccia del sacrosanto diritto di informazione che tutti i tifosi hanno o almeno dovrebbero avere .

Negli anni settanta, ottanta, come dicevo, la situazione era diversa e allora anche un Torino, un Cagliari, una Lazio, un Verona potevano, quando vincevano lo scudetto, ricevere considerazione adeguata sia dalla carta stampata che dall’informazione televisiva. Oggi se queste squadre vincessero il campionato darebbero solo la stura a futili e “pallosissime” discussioni sulla contemporanea crisi delle grandi. Se andiamo poi a parlare dell’importanza televisiva del Napoli e della Roma qui la situazione si fa addirittura paradossale se non surreale: queste due squadre infatti, sommando complessivamente i trofei vinti da entrambe in tutta la loro storia, non arrivano neppure ad un quarto di quello che una sola tra Juve, Milan e Inter hanno vinto, e questo lo dico nel massimo rispetto delle due società e dei loro tifosi. E allora perché la stampa e la TV danno loro quasi lo stesso “fiato mediatico” che riservano alle grandi?

Mistero insondabile anche perché, ad esempio, una squadra come la Lazio che ha vinto quanto e come le prime due, se non addirittura di più se sommiamo i successi in campo internazionale, rispetto a loro viene trattata come la figlia della serva. E parliamo di una squadra che da almeno quindici anni si è ormai attestata nella fascia medio-alta del campionato, vincendo a ripetizione Scudetto, Coppa delle Coppe, Super Coppa EuropeaSuper Coppe Nazionali e Coppe Italia, mentre il Napoli, dopo l’ormai vetusta parentesi dei due scudetti vinti con Maradona, vi si è accomodato soltanto da un paio di anni mentre la Roma da più tempo ma in modo assai più discontinuo. E allora perché succede ciò? Forse perché il peso dei tifosi gioca a favore della squadra della lupa e di quella di Fuorigrotta? I numeri non sembrano confermarlo, almeno non in termini così iperbolici. Se infatti la Lazio paga dazio come numero di tifosi in Roma città, nella provincia e nella regionesembra invece recuperare perfettamente  il gap che la distanzia dai cugini e dai napoletani. Questi ultimi, tra l’altro, non sembrano godere di un’altrettanto alta popolarità una volta usciti dall’hinterland cittadino dove realtà quali la Salernitana e l’Avellino riescono a contrastarne il potere e dove si trova tra l’altro un alto numero di tifosi juventini. Quindi tutto questo peso mediatico dato alla Roma e al Napoli che giustificazione ha? Forse che la società laziale e i suoi tifosi sono più antipatici di quelli napoletani e romanisti? Non scherziamo, se no rischiamo di tracimare nel fantacalcio e nella fantapolitica che a questo potrebbe essere  strettamente connessa!

Ma allora viene da chiederci se forse all’interno del “gota” giornalistico non ci siano fedi sportive che “aiutano” in un certo senso i vari giornalisti a perdere la propria obiettività a vantaggio di uno smaccato attaccamento para giornalistico travestito dall’ipocrisia di dover rivolgere maggiore attenzione verso chi esprime il calcio migliore…suvvia non scherziamo! Ma se fosse anche così bisognerebbe spiegarsi come mai uno dei più grandi cronisti sportivi nella storia della Rai, il nostro “Bisteccone nazionale“, Giampierone Galeazzi, pur di dichiarata fede laziale, nei suoi commenti, non abbia mai, dico mai, perso la sua tradizionale e lodevole equidistanza sportiva, una lezione di alta professionalità questa che dovrebbe servire di esempio per i suoi più giovani e rampanti colleghi, apparentemente molto meno…lodevoli. 

Da quanto detto quindi l’attuale ingiusta disparità di trattamento mediatico sembrerebbe trovare la sua unica causa semplicemente nella maggiore o minore professionalità dei singoli giornalisti, così almeno lo speriamo, perché se invece dovessimo in seguito scoprire che dietro ci sono anche e soprattutto logiche di altra natura e…interesse ci sarebbe da mollare tutto e dedicarsi al rugby, sport sicuramente più avaro di soddisfazioni a livello di nazionale ma almeno più… genuino. 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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