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Chi troppo vuole nulla stringe

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La vita umana è fatta inevitabilmente di cicli più o meno lunghi: a periodi in cui tutto sembra andare bene succedono periodi in cui accade esattamente il contrario in una sorta di eterna curva sinusoidale perennemente incerta e altalenante.

Se tutto ha un principio è altrettanto vero che quel tutto, per quanto grande sia, prima o poi ha la sua parabola discendente che va a chiudersi ineluttabilmente sulla parola fine per poi ricominciare d’accapo nell’eterna ruota delle fragili vicende umane.

L’Impero Romano che aveva dominato su un quarto dell’umanità per più di mille anni e che sembrava baciato da un principio di eterna gloria e di ripetitiva supremazia, nel 476 d.C. crollò rovinosamente anche se i suoi ideali sono poi risorti dalle ceneri per continuare a vivere e travasarsi nella civiltà occidentale. Ebbene questo sacrosanto principio, questa legge eterna e ineluttabile, molti uomini continuano ostinatamente a ignorarla e altrettanto ostinatamente continuano rovinosamente a cascare nell’eterna polvere della propria presupponenza.

Parlando di cose per carità superflue e che nulla o poco hanno a che vedere con la complessa storia delle umane vicende, molte società di calcio sia estere che Italiane, vere e proprie multinazionali travestite da semplici società sportive, sembrano non tenere conto di questa benedetta legge terrena. Società come la Juventus, il Milan e solo in parte l’Inter pensano che non debbano esistere i cicli e che la gloria, per carità per ora solo quella sportiva, debba essere loro perenne appannaggio senza eventuali spazi che rompano questa stessa quasi stucchevole ripetitività.

Basta vedere quello che sta accadendo in questi giorni nella società rossonera per capire qual’ è il pensiero più in voga dall’ultimo dei tifosi al primo dei dirigenti: la disperazione e la rabbia più nere. Sembra di assistere alla madre di tutte le tragedie, ad una sorta di biblico e apocalittico “redde rationem“, con pure relative chiamate di correo per personaggi come il buon Adriano Galliani che per venticinque anni ha condotto da sicuro nocchiero la sua società nell’empireo della gloria.

Tutto questo semplicemente perché qualcuno ha finalmente capito che il ciclo fantastico è arrivato alla sua parabola discendente, come tutte le cose di questo piccolo e insignificante frammento di terra e acqua ai margini della Galassia. In questi venticinque anni, la società sportiva Milan è stata capace di conquistare, se la memoria non ci tradisce, la bellezza di 7 scudetti, 1 Coppa Italia, 5 Supercoppe Italiane, 4 Supercoppe Europee, 3 Coppe Intercontinentali e ben 5 tra Coppe Campioni/ Champion’s League. Sulla base di quanto sopra, c’è qualcuno che, in un mondo devastato, tra l’altro, da ben altri problemi tra cui quello sempre più pressante della crisi economica e della fame con la effe maiuscola, si permette di fare un dramma e di vivere come una tragedia di apocalittiche dimensioni, quello che semplicemente è il naturale e fisiologico andamento delle vicende umane. Scusate, ma se io fossi un tifoso milanista e in particolare un dirigente mi limiterei a prendere seraficamente atto della cosa e con grande serenità e calma incomincerei a mettere umilmente le basi per una possibile ricostruzione che non potrà che essere lenta e programmata se non vorrà essere soltanto provvisoria. Tutto qui, senza isterismi ed essendo consci e orgogliosi di tutto quello che di grandioso è stato fatto e il cui valore sembra essersi incredibilmente e colpevolmente ingrigito in seguito al passare lento e inesorabile della clessidra. Che cosa allora dovrebbe dire e fare una società come la Lazio che in questi anni ha vinto nemmeno un  decimo di quello che il Milan ha conquistato e che naviga nelle stesse acque agitate del fallimento? In quel di Formello dovrebbero tutti appendersi con il cappio ai rami degli alberi in una sorta di drammatico e surreale suicidio collettivo?!

Lo stesso discorso di cui sopra si potrebbe adattare benissimo alla Juventus se pensiamo ai discorsi del suo bravissimo nocchiero Conte, che, con toni da melodramma, continua a volere la vittoria a tutti i costi cercando disperatamente di far proseguire l’altrettanto già lunghissimo e trionfale ciclo bianconero, come se fosse un diritto sacrosanto sancito dal Padreterno in barba a tutte le altre squadre e società legittimamente coinserite nel contesto dell’agone pallonaro. Anche qui si potrebbe dire che l’altrettanto sontuosissimo periodo di gloria bianconero non può durare in eterno e neanche…pretendere che possa durare in eterno. Forse, sarebbe da aggiungere, in modo assolutamente non campanilistico ma umanamente obiettivo, che società come il Napoli o la Roma o le altre che le seguono hanno forse più diritto, se viste come il resto dell’umanità finora rimasto all’asciutto di gloria e di oro, a chiedere e forse pretendere di inserirsi in quello che fino ad oggi è stato il Gota di pochi eletti.

Se da una parte dobbiamo inchinarci di fronte a chi ha dominato le verdi scene del palcoscenico del pallone, il Milan in proporzione più all’estero, la Juve più in casa, per l’interesse dello stesso campionato e di uno sport che noi Italiani conserviamo nelle pieghe più riposte del nostro animo, dobbiamo augurarci che in quel Gota si possano inserire al più presto altre antagoniste per non continuare in un copione un po’ troppo scontato e ripetitivo e per dare alla vicenda sportiva quel sale di cui ha bisogno fortemente per non diventare semplicemente noiosa: è molto elevato infatti il pericolo per il nostro campionato, ammesso che non lo sia già, di diventare come quello spagnolo o quello tedesco con i soliti burattini e gli altrettanto soliti burattinai. Forse, se le cose cambiassero, a risentirne in modo positivo sarebbe l’intero movimento calcistico italiano, relegato ultimamente ad un ruolo da semplice coprotagonista. Diciamola tutta: tifiamo e tiferemmo molto volentieri per una Juve e un Milan con maggiori attitudini continentali che non soprattutto e sterilmente concentrati a contendersi i miseri e limitati fili del nostro relativamente piccolo campicello di casa, lasciando in questo modo che in quello stesso campicello si possano divertire anche altri, non meno meritevoli, attori.

di Roberto Crudelini

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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