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La fabbrica dei fantasmi

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La fabbrica dei fantasmi

Bettelli Francesca

? 10,00

2012, 130 p., ill., brossura

Gaffi Editore in Roma (collana Pamplhet)

Sono state scritte molte pagine sulla persecuzione nazista ai danni del popolo ebraico, sia da chi ha avuto esperienza in prima persona, sia da chi ha provato ad analizzare con i più disparati strumenti del sapere umano quella tragedia. Diventa allora difficile scrivere su un argomento tanto trattato, specie se per mezzo dei generi letterari più consoni a questo tipo di trattazione, come il saggio.

Con La fabbrica dei fantasmi, edito da Gaffi Editore in Roma, di Francesca Bettelli, si cerca di affrontare la tematica delle persecuzioni, ma tramite un approccio diverso. Il libro infatti non è strutturato come un saggio storico o una biografia di qualche personaggio realmente esistito. Viene narrata una storia in una sequenza di monologhi di vari personaggi, gli appartenenti ad una famiglia tedesca vicino ad un campo di concentramento (la fabbrica), più altri come il Colluso, il Fantasma (un ragazzo ebreo internato), e due soldati. Le riflessioni dei vari protagonisti però non sono fini a loro stesse: la trama viene narrata indirettamente dal loro avvicendarsi.

I personaggi non hanno volutamente nome: l?autrice vuole che non si pensi nemmeno ad una famiglia tedesca. Essi sono della gente che ha a che fare con un dilemma: non vedere le stranezze che accadono sotto i loro occhi e ricevere dei benefici per questa indifferenza; oppure porsi delle domande, ma rischiare molto, soprattutto la vita.

E si arriva così al tema portante del libro che non è tanto la persecuzione nazista, ma le diverse reazioni a questo orrore. La Madre ad esempio per la quale conta il nuovo e relativo benessere acquisito rispetto a prima quando non c?era la fabbrica, la Figlia che pensa al suo soldato, il Colluso che cerca rivalsa. Solo il Ragazzo si pone qualche domanda, ma non può credere a ciò che vede.

Un altro tema importante è quello del non sapere. Il concetto che viene espresso dalla Figlia è proprio quello del non essere colpevoli, perché non potevano sapere: «lo so che nessuno ci crede che noi non sapevamo niente […] non eravamo cattivi».

La fabbrica dei fantasmi è un libro che più che dare risposte da al lettore da degli spunti di riflessione che vanno riflettuti ponendosi al centro di queste riflessioni, chiedendosi: “io cosa farei?”. In condizioni estreme come una guerra è necessario che si diventi brutali? Il benessere e la relativa serenità si pagano con l?indifferenza all?orrore? E questo è o meno collusione? Non sapere salva dal rimorso? O c?è il rimorso del non aver avuto il coraggio di sapere? Il coraggio è una dote importante per un civile in guerra? E l?obbedienza agli ordini imposti dai superiori o da gente armata è collusione? Tutti interrogativi che non sono affatto retorici, ma che nascono da questo libro. Ma non si fermano a questo. Alcune tra le domande sopra esposte sono veri e propri enigmi venuti a galla dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando venivano ricercati i colpevoli. Non a caso l?obbedienza agli ordini è stata usata molto spesso dai gerarchi nazisti come difesa dalle accuse.

La Fabbrica dei fantasmi non è una lettura atta a rilassarsi o a farsi scivolare addosso una trama, perché richiede che il lettore sia vigile pronto a porsi domande e a cercare risposte. Ovvio che una lettura così intensa non può che portare benefici al lettore in quanto essere umano pensante.

Luca V. Calcagno

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Di Redazione Elzeviro.eu

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