Mercoledì scorso mi reco al cinema incuriosita dalla rumorosa e osannante critica rivolta al film di P. Sorrentino.Il lungometraggio, che ha rappresentato l?Italia all?ultimo Festival di Cannes, si apre con un primo piano del cannone del Gianicolo ed un gruppo di giapponesi che sostano di fronte alla fontana dell? Acqua Paola. Ai romani o agli estimatori della città eterna queste immagini danno un brivido forte.Da qui in poi, il regista ci introduce in una storia non-storia. Il protagonista, Gep Gambardella (un sommo Tony Servillo, a dir la verità) è uno scrittore annoiato e mondano che salta da una festa ad un’altra, da una donna ad un?altra senza mai appagare la sua sete di novità.Prima con Isabella Ferrari, poi con Sabrina Ferilli (che, come d?abitudine, esibiscono le loro grazie al vento), il protagonista sciorina teorie vere e false ( spesso anche piuttosto banalotte) sulla società contemporanea, sui vizi e sulla decadenza di una Roma imbruttita ed involgarita dai tempi che passano.Non c?è una vera e propria trama. Si fa fatica a seguire le scene, ogni cinque minuti si guarda l?orologio sperando che sia passata una mezz?ora abbondante.Si ha l?impressione che P. Sorrentino voglia atteggiarsi a novello F. Fellini ma con pessimi risultati; crea personaggi inquietanti e folcloristici come la direttrice del giornale, Dadina, un nana acuta ed intelligente o “la Santa”, una suora che opera miracoli e sostiene che la “povertà non si racconta, si vive”.Scarsa l?interpretazione di C. Verdone i cui toni, smorfie ed atteggiamenti ricordano i molti caratteri rappresentati nei suoi film precedenti.Comparse come Serena Grandi e Fanny Ardant non danno e non tolgono nulla ad un film pretenzioso e noioso.La colonna sonora, poi, fa venire voglia di andare a ballare e trasforma la sala del cinema in una discoteca volgare e affollata.Non c?è molto da meravigliarsi che a Cannes non abbia ricevuto nessun premio.
Provaci ancora, Sorrentino!
di Ilaria Riggio