I testi più sacri dell’Induismo, i Veda, scritti in antica lingua sanscrita dai popoli arii che invasero l‘India settentrionale nel xx secolo a.C., sono testi molto particolari dove, accanto alla descrizione di antichi rituali, troviamo anche la cronaca puntuale di quanto succedeva al tempo in cui gli dei operavano sulla terra a stretto contatto con l’umanità. Una cronaca che parla della storia del rapporto tra dei e uomini ma anche di incredibili epopee fatte di guerre tra dei e demoni in cielo e di viaggi a bordo di strani carri di fuoco, chiamati Vimana che in sanscrito significa “Oggetto che attraversa il cielo” ma anche “oggetto che divide il cielo“. Descrizione in questo caso molto realistica visto che, quando guardiamo un aereo sorvolare sopra le nostre teste, ci accorgiamo come questo effettivamente sembri dividere con la sua scia il cielo in due.
Nei testi suindicati ci sono descrizioni particolareggiate di battaglie che ci lasciano letteralmente a bocca aperta perché sembrano il racconto di conflitti aerei alquanto simili a quelli odierni se non fosse per il particolare surreale che queste presunte battaglie si sarebbero combattute nei cieli di diverse migliaia di anni fa. In uno di questi testi leggiamo le seguenti e precise parole: “Vedemmo in cielo una nube luminosa come di fiamme di fuoco ardente. Da questa emerse un’enorme macchina volante che lanciò dei dardi fiammeggianti, che si avvicinò al suolo a folle velocità lanciando anche ruote fatte di fuoco“. Le misteriose armi di cui si parla finirono per menare grande strage nell’esercito che contemporaneamente combatteva in terra facendolo fuggire.
In altre parti abbiamo la descrizione precisa di viaggi a bordo di questi Vimana con tanto di visuale della terra vista dall’alto. Queste descrizioni insomma sembrano evocare un periodo, ormai perduto, dove una tecnologia paragonabile a quella attuale, se non addirittura superiore, faceva da sfondo ai complessi rapporti tra dei, demoni e umanità. Quanto possiamo leggere nei testi sacri induisti lo troviamo confermato in modo clamoroso nell’affresco risalente al sedicesimo secolo che si trova all’interno di un tempio nella città sacra di Puri nel nord est dell’India. L’immagine rappresentata è stupefacente in quanto vediamo una gigantesca battaglia nei cieli con l’immagine inequivocabile di un grande numero di dischi volanti e di un’enorme struttura sospesa in cielo che sembra essere una sorta di astronave madre. Sembra incredibile ma, allo stato attuale, non sembrano esserci altre spiegazioni per dare un significato di senso compiuto a quello che un artista indiano ha voluto disegnare quattrocento anni fa, a meno di non pensare ad una battaglia combattuta a suon di…piatti e scodelle lanciati maldestramente in aria il che francamente in un tempio sacro sarebbe pure fuori luogo.
Dai testi Veda sappiamo quindi che eventi incredibili, paragonabili in tutto e per tutto alla saga cinematografica di “Guerre stellari“, sarebbero effettivamente accaduti migliaia di anni fa. Eventi la cui eco sarebbe arrivata fino ai nostri giorni grazie all’azione degli amanuensi e scrittori dell’epoca ma anche grazie alle tradizioni orali che si sono tramandate di generazione in generazione. Ed è proprio su queste tradizioni antiche che sembra essersi basato il Vaimanika Shastra (Scienza dell’Aeronautica) scritto nel 1918 da Pandit Subbaraya Shastry. Un testo oscuro e quasi…inconcepibile che ci descrive in modo puntiglioso e dettagliato le tecnologie di cui si avvalevano gli antichi Vimana per librarsi nei cieli dell’India antica.
Più di un pilota della moderna aviazione militare indiana è rimasto sorpreso dalle tecniche di volo e dalla strumentazione che viene descritta da Shastry, una tecnologia molto avanzata che, agli inizi del XX secolo, non poteva essere ancora conosciuta. Si parla infatti di sistemi di specchi in grado di consentire al pilota di avere un’immagine chiara e precisa di quello che sta avvenendo fuori dal velivolo, compreso un qualcosa che sembra paragonabile ad un sistema radar odierno, in grado di far vedere in anticipo l’avvicinarsi di un velivolo nemico. Ma non basta, il professor Sharon dell’Università di Bombay, ha provato, sulla base delle indicazioni del Vaimanika Shastra, a usare i componenti che vi vengono descritti per poter, come dice il testo, sfruttare l’energia del sole. Il risultato strabiliante è che Sharon è riuscito in questo modo ad ottenere e realizzare una vera e propria cella fotovoltaica in grado quindi di trasformare la luce del nostro astro in energia disponibile. E tutto questo contenuto in un testo scritto molti anni prima che la relativa tecnologia venisse scoperta.
Qualche anno dopo un giovane ingegnere di Bangalore ha provato a disegnare i Vimana descritti da Shastry ma il risultato, che evidentemente scontava un’errata conoscenza e una certa ingenuità di fondo, non è stato purtroppo all’altezza perché i modelli descritti, a detta degli esperti, non sarebbero assolutamente in grado di volare. Resta comunque il mistero di un uomo saggio dei primi del novecento che, sulla base di quanto lui stesso aveva, a sua volta, appreso dall’antica tradizione orale induista, è riuscito a mettere per iscritto in modo dettagliato quello che gli storici tradizionali avevano superficialmente bollato come semplicemente mitologico e fantasioso. Un qualcosa che sembra testimoniarci di un lontano passato, a dir poco sorprendente, che sembra farci piombare in scenari da fantascienza con bombardamenti aerei, scontri a fuoco in cielo ma anche distruzioni di città mediante armi misteriose e paragonabili alle nostre armi nucleari.
Un esempio su tutti ce lo fornisce l’antica città indiana di Mohenjo-Daro di cui sono venute alla luce le rovine che sembrano testimoniarci di una fine drammatica e repentina causata di una misteriosa e potentissima esplosione. Infatti le pietre, tornate alla luce dopo millenni, risultano essere vetrificate in seguito ad un subitaneo e impressionante surriscaldamento dovuto ad un’esplosione paragonabile a quella nucleare. Usiamo il termine paragonabile perché le misurazioni effettuate sul posto non hanno stranamente riscontrato la presenza di residui radioattivi, destinati, come sappiamo, a rimanere per millenni nei luoghi in cui si è verificata un’esplosione nucleare. La conclusione a cui sono arrivati alcuni ricercatori indipendenti, tra cui l’italiano Enrico Baccarini, è che probabilmente l’esplosione potentissima sfruttò un’energia alternativa a quella nucleare ma altrettanto letale, tanto appunto da distruggere nel giro di pochi istanti un’intera città, vetrificando le rocce e le pietre che formavano le case e le mura.
Forse a questo punto, sarebbe doveroso e necessario riprendere in mano quegli antichi testi tanto frettolosamente tacciati di inaffidabilità storica e considerati solo un coacervo di mito e fantasia popolare, per rileggerli, questa volta, con tutta l’attenzione necessaria che meritano. A quel punto saremmo forse costretti a riscrivere l’intera storia dell’umanità e…questo si sa…ci spaventa un po’.