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Lassù qualcuno ci sta guardando…

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Nell’ormai lontano 1976 le sonde Viking Orbiter della Nasa ripresero sul suolo di Marte una strana conformazione rocciosa, grande come una collina, che aveva stranamente le fattezze di un volto umano. All’indomani di una scoperta così potenzialmente clamorosa, l’intero mondo scientifico incominciò a domandarsi che diamine poteva significare una simile e surreale rappresentazione sul suolo di un pianeta non certo adatto alla vita umana. Una spiegazione comunque doveva essere data soprattutto per evitare che l’opinione pubblica incominciasse a fare voli pindarici sulla probabile esistenza di civiltà aliene.

Le diverse riprese, non c’era dubbio, erano state fatte sotto differenti angolazioni e quindi la prima spiegazione frettolosa che la Nasa diede sostenendo che si trattava di un semplice gioco di luci ed ombre, non poteva essere sostenibile. Perché un singolare gioco di luci ed ombre può essere possibile in un singolo fotogramma ma non ripetersi puntualmente negli altri, effettuati per giunta con angolazioni diverse. Nel 1998 la sonda spaziale MGS effettuò nuovamente delle riprese sulla cosiddetta collina dei misteri soprattutto su pressione della stessa opinione pubblica desiderosa a questo punto di avere definitive spiegazioni sullo strano fenomeno.

Questa volta le immagini diedero una grossa delusione a chi già parlava di antiche civiltà marziane. Quello che apparve agli occhi disillusi degli osservatori fu un normalissimo rilievo roccioso senza alcuna particolare somiglianza con volti antropomorfi. Si parlò quindi di suggestioni legate alla tendenza tipica della mente umana a vedere in ogni oggetto somiglianze morfologiche con oggetti noti: un simile fenomeno avviene ad esempio quando guardiamo le nuvole riconoscendo a volte nella loro multiforme fisionomia, la rappresentazione di cose od oggetti a noi familiari.

Le cose però non stavano proprio in questi precisi e, aggiungiamo noi, trionfalistici termini. Come venne notato a suo tempo dal ricercatore italiano Luca Scantamburlo, l’ingegnere informatico statunitense Mark Carlotto sostenne che quella nuova foto era stata semplicemente processata, dal punto di vista informatico, in modo anomalo finendo per perdere, in questo modo, alcune caratteristiche relative sia alla profondità che al contrasto. Quasi a riprova di quanto sostenuto dal ricercatore americano, una nuova fotografia, effettuata nel 2001, questa volta dalla sonda americana Mars Odissey con la photocamera Themis, mostra nuovamente il volto umanoide del rilievo montuoso in tutta la sua inspiegabile e suggestiva bellezza.
Ora, a questo punto, bisognerebbe domandarsi quale possa essere in definitiva l’origine di una raffigurazione così anomala: origine naturale dovuta all’azione erosiva dei venti particolarmente violenti su Marte, oppure ad un qualche incredibile artista, con tanto di numerosa manodopera al seguito, desideroso di lasciare imperitura testimonianza di una civiltà sepolta nella notte dei tempi.

Quello che è certo è che sono state fatte delle misurazioni antropometriche del presunto volto in questione e il risultato è stato che, nonostante l’immagine stessa possa essere stata in qualche modo “sbiadita” dall’azione erosiva dei venti di Marte, queste sembrano confermare perfettamente le proporzioni e i valori prospettici di un volto umano. Il che, tradotto in termini concreti, vuol dire che la possibilità che quell’immagine sia solo e soltanto l’incredibile risultato dell’opera di elementi naturali, se non può teoricamente essere scartata del tutto, sembra comunque alquanto remota.

D’altronde non è la prima volta che, anche se in modo meno clamoroso, si è cercato di occultare risultati incredibili. L’astrobiologo statunitense Richard Hoover che ha lavorato nella Nasa per quarant’anni, ha sostenuto a spada tratta che il veicolo “rover Opportunity” abbia ripreso un tratto del suolo marziano dove sarebbero stati ben visibili i resti fossilizzati di microorganismi assimilabili ai crinoidi, parenti stretti delle stelle marine, quindi in tutto e per tutto resti organici di natura animale. Prova che purtroppo venne incredibilmente distrutta dal successivo passaggio dello stesso rover.

Lo stesso ricercatore ha sostenuto senza mezzi termini che quelle indubitabili prove dell’esistenza in passato della vita su Marte sarebbero state volontariamente distrutte per qualche motivo a noi sconosciuto. Per carità, qui non siamo in presenza di un volto umano ma pur sempre davanti alla prova che il pianeta rosso avrebbe ospitato la vita e, si sa, il passaggio da un microorganismo all’uomo, per quanto lungo e complesso, non è poi così impossibile o improbabile come qualcuno vorrebbe  farci credere.

 

 

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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