Uno studio proveniente dagli USA e pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Pediatrics ha rilevato che negli ultimi venti anni quasi duecentomila bambini statunitensi sono dovuti ricorrere alle cure del pronto soccorso per la caduta di televisori, mentre il tasso di infortuni a causa di questi incidenti a volte mortali è salito notevolmente.
Esperti e medici esaltano la necessità di fare prevenzione in merito, con una campagna di sensibilizzazione che sia volta ad evitare che televisori, specialmente i vecchi modelli, vengano posti in luoghi alti come cassettiere e librerie, ove i piccoli potrebbero cercare di arrivare con conseguenze nefaste.
Quelli sotto i cinque anni i bambini più a rischio, soprattutto interessati da fratture agli arti ed al collo. Un pericolo enorme che andrebbe evitato in ogni modo.
Il dottor Gary Smith è uno specialista di emergenza pediatrica nonché presidente del Child Injury Prevention Alliance di Columbus nell?Ohio ed ha ben evidenziato che “questo è un problema che sta crescendo ad una velocità allarmante“.
Per Smith non è rinvenibile chiaramente dai dati se i televisori più vecchi e più pesanti siano i maggiori responsabili degli incidenti dei bambini, riportanto i seguenti dati.
Nel 2011, 12.300 bambini hanno ricevuto un trattamento in pronto soccorso per lesioni TV-correlate, rispetto ai 5.455 del 1990. Il tasso d?infortuni, secondo la ricerca, è quasi raddoppiato, da 0,85 infortuni per 10.000 bambini di età compresa tra i neonati sino ai 17 anni nel 1990 a 1,66 per 10.000 nel 2011.
I dati del governo federale americano riportano poi che nel corso di questi due decenni 215 bambini sono morti a causa di queste lesioni, mentre solamente dal gennaio 2012, almeno sei bambini sono stati uccisi sempre negli USA a causa della caduta dei televisori.
Putroppo da quando i televisori piatti e ultrapiatti sono diventati di massima diffusione, quelli compatti e pesanti vengono spostati nelle camere da letto e spesso proprio sulle credenze e in quei luoghi inopportuni ove i bambini tendono ad arrampicarsi. Tali accadimenti anche in Italia si ripetono con una costanza crescente, tanto che una ricerca universitaria con tanto di soluzioni plausibili e campagne di sensibilizzazione sono alle porte.