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Trump e Hamas salvano Netanyahu il corrotto

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Esplode di nuovo il Medio Oriente, dove l’escalation di violenza tra Hamas e Israele potrebbe ancora una volta spostare gli equilibri verso la soluzione a uno Stato.

Per comprendere però meglio cosa stia succedendo nella biblica Terra Promessa occorre fare un passo indietro e girare la lancetta dell’orologio all’inizio di marzo, circa un mese fa.

Netanyahu accusato di corruzione dal procuratore generale

Ben prima che le bombe israeliane cadessero su Gaza, un “ordigno” altrettanto vigoroso era caduta addosso a Benjamin Netanyahu, Primo Ministro israeliano, nonché principale fautore della linea dura contro la Palestina.

“Non ci potrà mai essere una soluzione a due Stati con me al potere”

ha sempre ribadito Bibi (il soprannome di Netanyahu). Ecco, esattamente un mese fa il procuratore generale dello Stato di Israele Avichai Mandelblit ha formalizzato un’accusa di notevole portata proprio contro Benjamin Netanyahu. Frode, corruzione e abuso d’ufficio, sono tra i principali capi d’accusa mossi contro Bibi. Si parla di un giro d’affari di circa 200mila dollari nell’ambito di contratti ufficiali, che tuttavia esulavano dalla carica ricoperta da Netanyahu. Per intenderci tra i beni ricevuti da Bibi in questo giro d’affari risultano presenti champagne, sigari e altre merci di lusso per uso personale.

Le elezioni che Bibi rischiava di perdere

Insomma un fulmine a ciel sereno nel bel mezzo della campagna elettorale in vista delle elezioni del prossimo 9 aprile. E la messa in stato d’accusa contro Netanyahu aveva immediatamente creato i presupposti per un ribaltone di potere. Tant’è che così si poteva leggere su Euronews lo scorso primo marzo:

Il Partito Likud sembrava sulla buona strada per una sicura vittoria alle elezioni, ma una nuova alleanza tra alcuni dei suoi oppositori più popolari, tra cui l’ex capo delle forze armate Benny Gantz e l’ex ministro delle finanze Yair Lapid, potrebbe mandare in tilt l’equilibrio a favore di un blocco di centro-sinistra. L’annuncio della conclusione delle indagini ha già avuto impatto sui sondaggi: i partiti di destra non raggiungerebbero i 61 posti alla Knesset necessari per formare una coalizione.

La possibilità di una mancata rielezione di Bibi ha però fatto scattare l’allarme oltreconfine.

Intrighi di potere tra il Golan, Hamas e la terra promessa

La presenza di Netanyahu è infatti indispensabile agli Stati Uniti per chiudere una volta per tutte la questione palestinese. Fin dal suo insediamento alla Casa Bianca, Donald Trump non ha mai nascosto la sua volontà di porre fine al conflitto tra Israele e Palestina. Più che di un equo piano di pace, la road map proposta in tal senso da Trump si caratterizza per un forte squilibrio verso Tel Aviv. In soldoni, niente soluzione a due Stati, ma un unico Stato israeliano, al cui interno conviveranno l’etnia ebraica e quella araba. Garante del patto per questi ultimi è l’Arabia Saudita, altro storico alleato degli Stati Uniti.

Gaza bombardata dall’armata israeliana

Insomma, il piano perfetto per fare di Trump il regista della pace mediorientale stava per essere spazzato via dalla magistratura israeliana. Ed ecco che il tycoon è corso ai ripari e inaspettatamente ha riconosciuto, con dichiarazione pubblica, le alture del Golan come territorio israeliano, nonostante si tratti di zona occupata da Israele dal 1967 contro la legge internazionale. La mossa di Trump ha sortito il suo effetto: il giorno dopo Hamas ha lanciato un razzo sul territorio israeliano. Rievocare gli spettri della guerra dei sei giorni ha infatti un impatto immediato sulla popolazione in Medio Oriente.

Come prevedibile la replica israeliana sulla Striscia di Gaza è stata immediata oltre che sproporzionata. Se infatti il razzo di Hamas non aveva causato né vittime né feriti, il bombardamento massiccio di Tel Aviv ha distrutto edifici e ferito civili. Hamas risponderà. Ecco, Netanyahu non poteva chiedere regalo migliore in vista delle imminenti elezioni. Una buona dose di paura nei cittadini israeliani è quello che ci vuole per far scattare la conseguente domanda di sicurezza. Un’esigenza che solo un partito anti palestinese come quello di Netanyahu può soddisfare.

(Un video esplicativo della vicenda)

 

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Bugiardo

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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