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Se il Governo cade sulla TAV dimostra la sua incompetenza

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La TAV potrebbe davvero diventare l’ultimo dossier del Governo gialloverde. Mai come oggi infatti Lega e Movimento 5 Stelle si sono ritrovati su posizioni così antitetiche, tanto da mettere in discussione la tenuta stessa dell’esecutivo.

Sono in particolare i leader dei due movimenti di maggioranza, Matteo Salvini e Luigi Di Maio ad essere su posizioni apparentemente inconciliabili.

Scontro sulla TAV, ma è davvero così importante per gli italiani?

“Vediamo chi ha la testa più dura tra me e Di Maio. In ogni caso io tiro dritto”, ha detto il leader del Carroccio. Di Maio d’altra parte ha ribadito che il suo Movimento non approverà mai l’opera. In mezzo ai contendenti c’è il Primo Ministro, Giuseppe Conte, che nell’ultima recente uscita ha dichiarato apertamente di avere “seri dubbi sulla reale utilità dell’opera per l’Italia”.

Matteo Salvini in visita al cantiere della TAV

Due contro uno, quindi, anche se la fermezza leghista potrebbe davvero compromettere la tenuta della maggioranza. A questo punto è legittimo però effettuare delle riflessioni fondamentali. Dobbiamo anzitutto prendere atto che i gialloverdi, eletti e al potere con i voti della piccola e media borghesia e dell’ex proletariato, stiano ora mettendo in discussione il loro mandato per un opera, la TAV, che non interessa a nessuna di queste categorie. Gli effetti, positivi o negativi che siano, dell’altà velocità Torino-Lione non intaccheranno infatti quelle piccole e medie imprese il cui unico desiderio ora sarebbe quello di avere avere finalmente una vera “tassa piatta” (flat tax nella neolingua). In sostanza un taglio netto e deciso della pressione fiscale. L’unica vera fonte di ossigeno per le PMI che, da sole, rappresentano oltre l’80% del tessuto produttivo del Paese.

 

La TAV blocca il Governo, mentre la Cina investe 1000 miliardi

La TAV non interesserà d’altra parte l’ex proletariato, quelli che una volta operai si sono ora ritrovati cassaintegrati (nel migliore dei casi), impiegati part-time, assunti a chiamata, o in definitiva disoccupati. Si tratta di una categoria presente in numero cospicuo al Sud Italia che, tra le altre cose, ha rappresentato il più grande bacino d’elettorato per il Movimento 5 Stelle. Pensare quindi che la realizzazione o meno della TAV possa avere degli effetti per un sottoccupato di Reggio Calabria ci sembra alquanto surreale.

Sfatiamo poi il mito che la TAV sia una “grande opera”. La linea Torino Lione in previsione è al massimo un’ “operetta”. Circa 500 milioni di euro sono i soldi finora garantiti dall’Unione europea. Una cifra che appare come un puntino invisibile perduto nello spazio profondo se paragonata agli investimenti, quelli sì in grandi opere, fatti da Paesi extraeuropei. Mentre l’Italia rischia una crisi di Governo sulle briciole che ci lascia l’Europa, la Cina investe senza batter ciglio 1000 miliardi di dollari per il completamento della Belt Road, la via della Seta che da Shanghai arriva fino in Europa. Altroché Torino-Lione.

Il Governo Conte ha già perso

Che si faccia o meno, la TAV è del tutto irrilevante per l’economia italiana, a dispetto di coloro che provano a vendere la favola di un cantiere “avamposto del futuro e dei grandi investimenti”. Anche con l’alta velocità la realtà rimarrebbe comunque amara. Un Paese che dovrebbe continuare a elemosinare ogni singolo euro per poter mettere in sicurezza le proprie strade continuerà a essere misero, anche con la nuova linea Torino-Lione. Le battaglie da combattere sarebbero altre. C’è un pareggio di bilancio in Costituzione (inserito dal Governo Monti) da stracciare su due piedi, così come il parametro del deficit al 3% del Trattato di Maastricht e qualche centinaio di articoli del Trattato di Lisbona (che ricordiamo essere la Costituzione europea con potere vincolante e superiore alle Costituzioni nazionali). Passaggi fondamentali per poter rivendicare quell’appellativo di “cambiamento” che l’esecutivo si è, presuntuosamente, auto conferito.

Un Governo che prometteva di ribaltare i tavoli a Bruxelles e che alla fine si ritrova bloccato su un’opera di qualche milione di euro è un Governo già sconfitto in partenza.

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Di Gabriele Tebaldi

Classe 1990, giornalista pubblicista, collabora con Elzeviro dal 2011, quando la testata ha preso la conformazione attuale. Laurea e master in ambito di scienze politiche e internazionali. Ha vissuto in Palestina, Costa d'Avorio, Tanzania e Tunisia.

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