Ieri è morta Camilla, una diciottenne ligure deceduta per una trombosi una settimana dopo aver assunto la prima dose del vaccino Astrazeneca nell’Open Day della regione Liguria.
di Andrea Zhok
Non è improbabile che l’autopsia ci racconterà che “non è possibile accertare un nesso causale tra la vaccinazione e la successiva trombosi”. Chi conosce le complessità logiche di un’imputazione causale sa che è una cosa che si può dire sostanzialmente sempre, visto che i nessi causali non sono nessi logici, ma ‘induttivi’, e dunque propriamente non è mai possibile ‘accertarne’ completamente alcuno.
Non essendoci obbligo vaccinale, la ragazza avrà sottoscritto un modulo in cui dichiarava di sapere a cosa andava incontro, scagionando con ciò le autorità preposte, incluse quelle che hanno organizzato un lieto evento come l'”Open Day” (quant’è bella l'”apertura”).
Ecco, niente mi toglierà però dalla mente che questa morte
ce l’hanno sulla coscienza tutti quelli che hanno concorso a fare dell’informazione sulle vaccinazioni (e prima sul Covid) un circo ideologico, un’arena per compiacere il pubblico pagante dove gli ‘esperti’ più spregiudicati e narcisi si sono succeduti a dire tutto e il contrario di tutto, magari contraddicendosi a due giorni di distanza, magari scusandosi per quanto detto in precedenza, e mettendosi dal profilo migliore mentre si scusavano.
Grazie al cielo ho altre fonti per sapere che la scienza è (anche) tutt’altra cosa, perché se avessi dovuto farmene un giudizio dal ciarpame televisivo dell’ultimo anno ci sarebbe da disperare.
Di quel ciarpame si sono nutriti giocoforza molti cittadini, invero la maggioranza, dando fiducia, per mancanza di fonti migliori, a chiacchiere in libertà e affermazioni spericolate, prive di rigore quanto innamorate della propria voce.
E cazzate espresse con toni apodittici e principio d’autorità in prima serata non sono “victimless crimes”.