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La magistratura è scesa in campo: prima lo capiamo, meglio è

I genitori dell'ex premier Tiziano Renzi e Laura Bovoli

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I casi di Renzi e Salvini hanno confermato come l’imparzialità dei giudici non sia altro che un concetto romantico ed astratto. E’ necessario sdoganare il tema, poiché i motivi di questa deriva sono figli di un enorme tabù culturale.

 

Il responso che emerge da questo convulso Lunedì 18 Febbraio 2019 è assordante ed irrefutabile: la magistratura è politicizzata eccome. E non lo è né in un senso, né nell’altro, come invece sostengono le arringhe dei diversi schieramenti politici. Quegli slogan corrispondono solo a tradizionali pretesti per strumentalizzare le vicende di attualità processuale, a seconda delle necessità e delle contingenze, senza tuttavia analizzare in maniera costruttiva le cause strutturali del problema.

L’evidenza di questo riscontro insomma, è dettata da ben altro. In primis da alcune elementari considerazioni, come la natura umana dei magistrati; nel corso di quasi tutta la storia repubblicana – a partire dagli anni di piombo, per arrivare poi ad un’ulteriore intensificazione nell’epoca post tangentopoli – si è assistito ad una narrazione epica della figura del giudice, la quale ha portato quest’ultimo ad assumere tratti eroici o semidivini. Quasi appartenessero ad una sorta di iperuranio sconosciuto ai comuni mortali. A scanso di equivoci, l’intento non è assolutamente quello di sminuire una colonna portante della nostra società, bensì quello di far prendere coscienza di un dato di fatto: i magistrati hanno teorie, simpatie, preferenze, sbalzi di umore e soprattutto opinioni. E come tutte le creature terrene fallibili (alcune più di altre), in nome di queste possono commettere errori.

 

Le correnti interne

L’assunto di partenza insomma, è che l’indipendenza dei magistrati sia un concetto puramente teorico e pertanto la fedeltà verso tale principio dipenda dai singoli casi; esattamente come in ogni altra categoria professionale che si rispetti, ci saranno elementi eticamente più integri, personaggi a rettitudine variabile e mele marce. La consapevolezza di questo punto è un passaggio propedeutico all’analisi del fenomeno.

La vignetta di Vauro al centro della locandina del congresso di Magistratura Democratica.

Per capire le proporzioni della sola culturale  propinata per anni (quella inerente la natura angelica degli organi requirenti e giudicanti), basta riflettere sulla presenza delle correnti interne all’Associazione Nazionale Magistrati: vere e proprie fazioni, che si contraddistinguono per una particolare interpretazione della professione, inevitabilmente riconducibile al sistema di valori di questo o quest’altro partito. Affinità che, purtroppo, negli anni sono diventate sempre più esplicite.

 

I casi di Salvini e Renzi

Matteo Salvini apre la busta contenente l’avviso di garanzia in diretta Facebook

Potrebbe non essere un caso che la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, definita dal Gup di Trieste Nicoli “tesi peregrina da Bar Sport”, sia provenuta da un terzetto di procuratori aderenti a Magistratura Democratica: la corrente progressista ed europeista dell’Anm. O, per essere più precisi, casuale è certamente stata la composizione del Tribunale dei ministri (avvenuta mediante estrazione a sorte, come previsto dal Codice di Procedura Penale), un po’ meno la decisione presa dal suddetto organo una volta resa nota la sua struttura interna.

Allo stesso modo, è più che legittimo nutrire qualche sospetto in merito alla vicenda che coinvolge Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Nel giorno in cui l’esecutivo si trovava a dover fronteggiare la sua più grande crisi di governo, proprio in relazione ad una controversia processuale, i genitori (settantenni ed incensurati) della figura più nota dell’opposizione si sono visti recapitare una provvedimento tanto clamoroso, quanto sproporzionato: gli arresti domiciliari. Per chi non ne fosse al corrente, giova ricordare che i requisiti necessari ai fini dell’applicazione di una misura cautelare – oltre ai gravi indizi di colpevolezza – sono: rischio di inquinamento delle prove, rischio di fuga o rischio di reiterazione del reato. Pericoli abbastanza inconsistenti nella fattispecie in questione, vuoi per questioni anagrafiche, vuoi per l’evidente esposizione mediatica che verrà riservata ai due coniugi.

 

Un dibattito da riaprire

In questa sede non ci si vuole certo limitare a prendere coscienza di quei procuratori che vengono meno ai loro doveri di imparzialità, autonomia ed indipendenza. Al contrario, l’obiettivo è quello di esorcizzare la narrazione edulcorata della categoria (con la quale il popolo italiano è stato indottrinato negli ultimi decenni), in modo da poter riflettere sulle radici profonde del problema e sulle possibili contromisure.

Un problema troppo spesso accantonato, poiché bollato come eresia. Un problema per la risoluzione del quale, servono riforme funzionali ad arginare un settore che, con il tempo, ha guadagnato tutele illimitate, unite ad un’aura di impunibilità. E’ necessario pertanto, riprendere i discorsi sulla separazione delle carriere e sulla responsabilità diretta dei magistrati, senza dimenticare restrizioni o decorso di termini ampi per limitare l’alternanza tra l’attività giudicante/requirente e quella nei partiti. Da qualche anno, la politica sta già subendo gravi ingerenze sia parte dell’universo finanziario, sia di quello mediatico: sarebbe opportuno evitare che a questa festa si imbuchino altri partecipanti  indesiderati.

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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