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Immigrazione di massa, consumismo e nuovi schiavi nell’azione di Governo

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Graziano Delrio ha nove figli, irresponsabile in un paese e in un mondo sovrappopolati, nonché un chiaro indice di individualismo.

Ma si capisce: lui è un democristiano DOC: fondatore dell’Associazione Giorgio La Pira, iscritto al Partito Popolare Italiano, confluito con esso nella Margherita e con quella nel Pd, all’interno del quale è stato un renziano di ferro. Ovvio che la sua via d’uscita dai problemi causati e rivelati dal coronavirus sia quella catto-liberista: crescete e moltiplicatevi, indefinitamente, come se il pianeta non fosse già in sofferenza e le risorse disponibili insufficienti già ora, figuriamoci in un futuro con 10 o 15 miliardi di abitanti (e l’Italia quanti? 70 milioni, 100 milioni?).

Non gli importa nulla che il popolo italiano abbia da qualche decennio scelto la strada de

l’autocontrollo demografico

Senza bisogno di leggi coercitive come quelle cinesi, semplicemente per buon senso. Ma al neocapitalismo non piace: perché senza crescita e senza un consumismo ogni anno più ossessivo gli osceni profitti delle multinazionali e dei miliardari potrebbero scemare; e senza manodopera in eccedenza (a che altro credete che servano la digitalizzazione e l’automazione?) i lavoratori potrebbero tornare a organizzarsi e il costo del lavoro ad alzarsi.

Ecco dunque che sta per arrivare in Parlamento, dopo aver ottenuto l’approvazione del governo, la proposta di legge di Delrio e di un’altra renziana, ma lei apertamente tale, dunque di Italia Viva, la ministra Elena Bonetti, coetanea di Renzi e come lui formatasi nei boy scout cattolici: per “contrastare la denatalità” si sono inventati un bel pacchetto di incentivi e l’hanno chiamato, ma ti pareva, “family act”, che parlare di famiglia sarebbe parso un po’ troppo tradizionalista e politicamente scorretto.

Guarda caso, Delrio e Bonetti sono due fra i più attivi sostenitori dello ius soli e delle migrazioni di massa, con la scusa del buonismo ma con il fine di creare una società di precari impiegati a cottimo di cui beneficino i ricchi e le loro corporation.

È la tipica ricetta del neoliberismo liberal e radicale,

che si differenzia da quello di destra e trumpista per la retorica, non per il fine, che è per entrambi la privatizzazione dello Stato. Su questo il M5S rischia di perdere imolto sostegnoi. Ha ottenuto qualcosa in cambio? Perché se prima dell’approvazione di questa sciagurata legge democristiana e liberista almeno venisse revocata la concessione autostrade ai Benetton, il Piano Colao fosse rimandato al mittente (ossia alla Confindustria e agli Elkann) e i leghisti Foa e Salini venissero rimossi dalla Rai, allora si potrebbe pensare pensare che si sia trattato di un compromesso in cui anche il Pd abbia dovuto concedere qualcosa e il M5S qualcosa sia riuscito a strapparla.

Altrimenti viene il dubbio che alla fine anche il Movimento non voglia che l’americanizzazione dell’Italia.

Francesco Erspamer

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