Non sembra che la Lega abbia una posizione netta sui confinamenti e sulle restrizioni sanitarie.
Paolo Desogus
Anche se trattasi di un partito di cinici ultraliberisti non molto lontano dal Cazzola-pensiero, seppure con diverse sfumature. Al di là di questo, sembra però che concentrarsi eccessivamente su questo temo non consenta di capire cosa sta accadendo.
La Lega è un partito che ha le idee chiare su come si costruisce il consenso e nel suo gruppo dirigente è forte la consapevolezza che la permanenza al governo, in questa problematica situazione di pandemia, può erodere il suo sostegno elettorale.
D’altra parte, però, la Lega è anche il partito che oggi rappresenta il mondo dell’impresa (specialmente nel Nord, per non parlare del Nord-Est) e non può permettersi di stare fuori dalla stanza dei bottoni, soprattutto ora che si stanno definendo gli ultimi dettagli del Recovery Fund.
La strategia della Lega è dunque quella di giocare su due tavoli,
da una parte su quello dell’opposizione, puntando sulla pancia degli italiani che vivono male le restrizioni (se a torto o a ragione non è qui importante); e dall’altra quello del partito di governo con Giorgetti, che oltre tutto se la intende con il presidente Draghi molto meglio di qualsiasi altro ministro politico.
Borghi è un attore (pessimo) di questa commedia (penosa), che oltretutto vive l’ingresso nella maggioranza come una crisi di identità, dato che sino all’altro ieri giocava a fare il cowboy antieuropeista (e personalmente ho sempre avuto molti dubbi sui sentimenti antieuro della Lega, partito che rappresenta i ceti del Nord legati alla catena di valore tedesca).
In questo contesto gioca un ruolo particolare la stampa
e in particolare il quotidiano la Repubblica, che da mesi racconta la barzelletta di un Draghi esasperato per la Lega e in rotta con Salvini. Non è così. Lega e capo del governo vanno molto d’accordo, più di quello che entrambi desiderano dare a vedere per ragioni di opportunità.
Qualcuno si chiederà, ma perché Repubblica sta al gioco della Lega e in parte dello stesso Draghi? La ragione sta nella necessità di controllare il PD e di ingabbiarlo nel ruolo del “partito responsabile” che compensa le (false) intemperanze della Lega. Per Repubblica e per i gruppi di potere che questo giornale oggi rappresenta (è il giornale della famiglia Agnelli, mica di Pincopallo) l’asse Lega-Draghi in materia economica va benissimo.
Sanno tuttavia che può funzionare se:
- alla Lega è concesso di giocare su due tavoli, come dicevamo,
- se Draghi di fronte all’Europa passa per essere uno che tutto sommato sa controllare Salvini,
- se il PD continua a svolgere il ruolo di inutile comparsa che si occupa di idiozie e di altre scempiaggini di cui Letta è una miniera inesauribile.