Ciò che è avvenuto a Roma due notti fa, sembra una scena di quel film, se il copione che ci hanno raccontato i media (e chi glielo ha dato in pasto) corrisponde alla realtà. Due o più spacciatori magrebini vengono derubati da due presunti studenti/turisti Usa, bianchi e di buona famiglia. Questi ultimi offrono la soluzione del “cavallo di ritorno“: promettono la restituzione del borsello (pieno di soldi, documenti e molto probabilmente anche droga) ai pusher in cambio di qualcosa come 100 euro. Ma i fratelli nordafricani sono scaltri e non si fidano. E che fanno? Gli spacciatori (forse confidenti delle forze dell’ordine?) chiamano i carabinieri e, assieme a questi, si recano a riprendere il maltolto, frutto di un duro lavoro.
Anche se beccati in, i due giovani borghesi annoiati statunitensi cosa avrebbero rischiato dalla magnanima magistratura italiana?
Una tiratina d’orecchie e via, liberi di tornare nel loro paese, “patria della libertà e della democrazia”.
Ma i due yankee, presi dal panico, si trasformano in Bruto ed uccidono un carabiniere con 8 coltellate, mentre gli altri intervenuti stanno più o meno a guardare.
I media cattivi e razzisti e Salvini subito accusano i pusher arabi. Saviano chiede di non strumentalizzare e i drogati di migrantismo scrivono: “anche gli italiani uccidono”.
Poi viene fuori che forse gli assassini sono i due americani. E i buoni antirazzisti passano all’attacco: “e ora la Lega che dice? Espelliamo anche i cittadini Usa, nostri alleati strategici? Salvini dimettiti”. Magari, da buoni Sherlock Holmes delle investigazioni su Facebook, scopriranno che i nordamericani erano elettori di Trump, che i fratelli magrebini erano in fuga dal clima avverso e che i carabinieri avevano postato nel 2006 una foto dubbia, di quello che sembra un saluto romano.
Il politicamente corretto è salvo!
La narrazione di queste ore è questa. Poi, come è andata davvero forse lo sapremo tra settimane o mesi. O mai. L’unica certezza è un proletario meridionale in divisa morto ed una giovane vedova che piange sulla sua bara.