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Bibbiano e la lotta contro l’istituzione della famiglia

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Dopo le 71 cartelle depositate dal pubblico ministero Valentina Salvi sui fatti di Bibbiano, il vaso di Pandora scoperchiato dalla procura reggiana continua a eruttare nuovi pezzi di quello che appare un sempre più raccapricciante monumento all’orrore.

di Elisabetta Frezza

Questo monumento – giusto per ricapitolare – era stato progettato, costruito e collaudato nella virtuosa Emilia Romagna a scopo di esportazione, cioè per insegnare al resto d’Italia come “rompere il silenzio” su maltrattamenti e abusi di minori in famiglia.

Il sistema Bibbiano, con la sua fitta rete di connivenze e di omertà, si era radicato nelle istituzioni locali e si proponeva come modello pedagogico-umanitario con due obiettivi essenziali: uno da copertina, inattaccabile per definizione, ovvero la salvezza dell’infanzia violata; l’altro d’essai, e da manifestare ad extra con la dovuta prudenza, ovvero la rifondazione del paradigma famigliare. Vale a dire: bando alla famiglia patriarcale, obsoleta e malata, largo alle nuove “famiglie” fondate non sul vincolo di sangue, ma sull’Amore.

Così, al calduccio di un opulento apparato amministrativo-assistenziale, in Val d’Enza funzionava a regime un’altra mangiatoia, sotto l’insegna attraente dell’avanguardia sperimentale. Per un servizio, ça va sans dire, di alto valore morale e sociale.

Finché, a un certo punto, il troppo intenso traffico di minori

immortalato dalle troppe istantanee galeotte sfuggite al filtro dei guardiani dell’informazione ha cominciato davvero a mettere in imbarazzo lo schieramento politico-ideologico che quel traffico aveva – stando alle carte degli inquirenti – alimentato e protetto. E l’afasia tombale dell’informazione di regime non è bastata a insabbiare lo scandalo.

Saltato il tappo, si è reso necessario il pronto intervento delle squadre di soccorso, a partire dalle truppe ittico-cammellate messe in piedi ad uso elettorale. Ed ecco che sardine e altri pesci in barile hanno cominciato ad emettere suoni conformi: Bibbiano è solo un raffreddore in un organismo sano, chi ha parlato di Bibbiano deve vergognarsi e chiedere scusaBibbiano è uno slogan e chi lo usa non ha cervello, Bibbiano è un’eccellenza nazionale, lasciamo stare Bibbiano e parliamo di contenuti.

Parliamo dunque di contenuti, sì. Cominciamo per esempio del contenuto del fascicolo che contesta 108 capi di imputazione a 26 indagati tra: funzionari dei servizi sociali e loro amici, assistenti sociali e loro sodali, psicologi e psicoterapeuti e loro accoliti, amministratori pubblici e codazzo assortito.

Tutti costoro, ciascuno per la propria parte, avrebbero cooperato alla dimostrazione e alla applicazione del teorema fondamentale su cui poggiava il micidiale ingranaggio degli affidi: bisognava precostituire le prove che i bambini selezionati a tavolino per essere strappati alla famiglia, in famiglia venissero abusati, maltrattati, trascurati, e quindi andassero salvati dalle grinfie dei genitori; cioè presi in carico dal servizio “pubblico”, curati in apposite strutture e affidati ad amorevoli estranei.

Dalle carte degli inquirenti

emerge che, pur di far tornare questo teorema, tutto era valido e tutto era permesso. Né si intravvede un’ombra di pietà, nemmeno quella minimale che normalmente si leva davanti a un qualsiasi cucciolo indifeso, fosse persino un cucciolo d’uomo. Gli assistenti sociali coordinati dalla onnipresente signora Anghinolfi, coadiuvati dai terapeuti del giro di Foti e della sua taumaturgica struttura “Hansel e Gretel”.

Coperti da amministratori “disinvolti”, a quanto risulta dagli atti della procura avrebbero direttamente o indirettamente avallato il sistema allestito grazie a chi, tra loro, attestava sistematicamente il falso ai periti o all’autorità giudiziaria riguardo alle condizioni dei minori e dell’ambiente in cui questi vivevano, riguardo ai loro comportamenti e a quelli dei loro genitori; manometteva i loro disegni e i loro diari.

Claudio Foti e Federica Anghinolfi

Alterava i loro racconti

attraverso interrogatori suggestivi o addirittura impiantava nelle loro testoline falsi ricordi attraverso tecniche di manipolazioni della psiche; nascondeva messaggi e doni dei genitori per i figli e taceva parole d’affetto dei figli per i genitori. Incuranti di nostalgie, paure, voragini di dolore e di sofferenza, ferite profonde e, di certo, mai più riparabili.

Gli ultimi capitoli del documento della procura suonano come un bollettino di guerra perché, contestandovisi i reati di lesioni personali ai danni delle vittime, viene menzionato per ciascuna di queste, in raggelanti termini clinici, quale “malattia nella mente” sia stata provocata dal trattamento subito.

A causa dell’allontanamento dalla mamma e dal papà, della interruzione di ogni contatto con loro (compreso il mancato recapito di messaggi, lettere e regali), dalla sistematica denigrazione delle loro figure, dell’impianto di “falsi ricordi” su maltrattamenti e abusi subiti in famiglia, dell’utilizzo della tecnica dell’EMDR in totale violazione dei protocolli di riferimento. E di molto altro ancora. Un abisso di dolore che a pensarlo, a leggerlo dai documenti d’inchiesta, a sentirlo dalle intercettazioni, lascia increduli e annichiliti. E viene solo da piangere.

Ma, a distanza di qualche settimana

si aggiungono ancora altri succosi contenuti tratti dai messaggi delle chat dei protagonisti del giro. Vi si parlerebbe, per esempio, di affidi concessi allegramente a ex brigatisti (evidentemente reputati idonei a rivestire speciali compiti educativi e meritevoli dei relativi compensi); di strategie per convincere i giudici “tonti” che il malessere dei minori dipendeva solo e unicamente dalla famiglia di origine; della convinzione che esistesse una setta di pedofili (motivo utilizzato anche come arma di ricatto sugli assistenti sociali subordinati, per assicurarsi il loro silenzio).

Colpisce l’orizzonte esoterico in cui – stando al contenuto dei messaggi – sguazzerebbe la dea ex machina Anghinolfi, che dimostrerebbe quanto l’operato suo e della sua equipe fosse parte di un sistema fideistico radicato e a suo modo coerente. Come l’affidataria lesbica, ex catechista in parrocchia, alternava bestemmie a canti liturgici – secondo le registrazioni effettuate dagli inquirenti – così la onnipresente Anghinolfi avrebbe scritto ai suoi:

permettete alla vostra terra interna di accogliere il fuoco della trasformazione nella calma più totale;

ho interrotto il mio silenzio perché mi sembrava giusto informarvi dell’ingresso della terra yin;

fuori tutto si sta sgretolando per lasciare spazio alla nuova luce che dentro e fuori di noi già si intravvede.

Giusto per inquadrare il fenomeno – che insiste più o meno all’incrocio tra taoismo, tantrismo e yoga, riletti strumentalmente in chiave antipatriarcale – nella dualità primordiale si fronteggiano lo yin, corrispondente al principio femminile-tenebra e lo yang, corrispondente al principio maschile-luce.

«Yang e yin sono forze opposte

ma anche complementari. Qualità yang hanno la luce e il sole, qualità yin l’ombra e la luna (…); le vette sono yang, le bassure sono yin (…); il puro è yang, l’abissale è yin (…)»; «è il predominio in lei dello yin a far tale la donna» si legge ne La metafisica del sesso di Julius Evola. Ed è proprio curioso come, gratta gratta, sotto la destra esoterica e la sinistra LGBT alla fine si scovino i medesimi motivi ispiratori.

Ora, sempre stando alle chat, sembra che parte degli stessi assistenti sociali si rendesse ben conto, oltre che delle illiceità continuate perpetrate nel giro degli affidi, pure dell’invasamento patologico – non per nulla il pubblico ministero parlava sin dall’inizio di manifestazioni “erinniche” – su cui si fondava tutto l’impianto.

Dai messaggi di alcuni dipendenti emergerebbe infatti da un lato la paura che lo scandalo esplodesse travolgendo anche loro, sulla falsariga di quanto accaduto con l’inchiesta Veleno e i finti abusi smascherati nella Bassa modenese, dall’altro la paura di essere tacciati di “negazionismo” nel caso qualcuno avesse avuto l’ardire di ribellarsi a un andazzo ormai consolidato.

Dentro questo agglomerato

diabolico di esaltazione, di deliri e di cieca violenza, erano imprigionati bambini e povere famiglie indifese, semplicemente estratte alla ruota della sfortuna per essere massacrate in nome di un obiettivo ritenuto superiore, ovvero l’annientamento del maschio per vendicare millenni di patriarcato.

Ricordiamo come, subito dopo le prime notizie di Bibbiano trapelate sui media, le autorità si fossero subito premurate di smentire l’utilizzo dell’elettroschock sui bambini rapiti. Ma quello che sbalza fuori oggi, nitidamente, dalle informazioni raccolte dagli inquirenti su questi laboratori “umanitari” è molto peggio dell’elettroshock, tabù per antonomasia della moderna psichiatria: emerge una terra incognita, dove sono infranti tutti i tabù.

E se una vasta letteratura

ci racconta cos’è e cosa provoca l’elettroshock, nulla ci è stato detto o scritto di cosa sia e cosa provochi davvero il nuovo programma integrato di manipolazione dell’infanzia, il quale non è altro che la traduzione pratica dell’indottrinamento gender imposto senza scampo negli asili e nelle scuole: mettendo materialmente le mani sui bambini e impossessandosi arbitrariamente delle loro vite, il potere vuole manipolare l’infanzia, disintegrare la famiglia e rifondare ab imis una società bollata come infetta dal terribile virus plurimillenario del patriarcato.

L’Emilia era ed è la terra ideale per le prove generali del mondo nuovo, appaltate oggi alle frange degenerate di una sinistra che ha perduto la propria identità. Nemmeno questo orrore senza fine ha potuto scalzare l’apparato, che può continuare a coltivare la perversione nel laboratorio istituzionale, autoinvestendosi della missione palingenetica.

Se persino i vescovi ciellini trovano il vergognoso coraggio, dalle colonne del Corriere, di imputare la sconfitta di Salvini all’“inappropriata insistenza su Bibbiano”, vuol dire proprio che i gangli del potere sono stati tutti irrimediabilmente infettati. La teoria del gender si è sublimata nella religione dell’antipatriarcato, che ha già le sue pratiche, i suoi riti, i suoi sacerdoti. Ora anche i suoi vescovi.

 

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