Di Paolo Desogus
La frase sulla cameriera (“Trattati peggio di una cameriera”) è rivelatrice di tutto il volgare classismo di Luciano Benetton e dei suoi famigli.
I camerieri vivono del proprio lavoro,
mentre i Benetton hanno invece campato sul lavoro altrui e sugli investimenti dello stato. Cosa ci si poteva aspettare però da uno che produce magliette di bassa qualità sfruttando la manodopera di operai del terzo mondo trattati alla stregua di schiavi?
Da questo punto di vista i Benetton non sono diversi dai grandi capitalisti di tutto il mondo. Non sono né meglio né peggio. Seguono la loro natura.
Il capitalismo porta allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo:
la sua natura è sempre violenta e conflittuale. Nessuno naturalmente può negare che abbia anche creato benessere, soprattutto in Occidente. Ma questo benessere si fonda sulla barbarie dello sfruttamento e sulla manipolazione ideologica.
L’elemento che contraddistingue i Benetton è proprio per questo l’abilità nel mascherare la propria rapacità con una campagna mediatica apparentemente progressista, irenica, votata ai valori pacificati di una globalizzazione fasulla.
Si tratta di valori che non hanno riscontro con la realtà, ma che costituiscono la piattaforma ideologica di quel pensiero liberal occidentale che piace alle Sardine e ai numerosi movimenti sedicenti di sinistra che hanno rinunciato alla politica come conflitto tra capitale e lavoro.
La lotta contro i Benetton non si vince con una revoca e nemmeno con una condanna in tribunale – anche se, certo, questi sono passaggi importanti. La si vince combattendo e demistificando tutti i portatori di questa ideologia che occulta la barbarie dello sfruttamento.