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Votare? Un optional

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Finita la guerra, malgrado la miseria devastante, c’era vita e voglia di fare.

Oggi c’è povertà, sfiducia nella politica e nelle istituzioni, amarezza e delusione nei confronti dei partiti che hanno portato l’Italia nelle condizioni attuali. Pagliacci servi, parolai, lecchini, paraculi e paraculati imperservano in tv per snocciolare e ripetere a go-gò ciò che è stato loro imposto, che alla resa dei conti provoca fenomeni di rigetto.

Adesso i media ci vorrebbero far credere come la ripresa economica sia in atto, ma purtroppo la vedono solo loro con una speciale lente d’ingrandimento che distorce la realtà. Per indurre i cittadini a recarsi alle urne ci vuole una spinta propulsiva che al momento non c’è: nessuno riesce più ad aggregare consensi come avveniva una volta. Alle prime elezioni democratiche (18/04/1948), l’affluenza alle urne registrò un 92,3%.

L’art 48 della neonata costituzione sanciva che “votare è un dovere civico” e la gente ubbidiva.

De Gasperi, durante un comizio nella Casale “rossa” (21 /3/ 48) disse: ” Chi non vota commette una viltà. Votare è un dovere, votare male è un tradimento”. Ottenne più voti la DC (11556) del fronte Popolare (10336), le sue parole colpirono nel segno. Ora si fa campagna elettorale in TV, mentre la disaffezione a recarsi alle urne è una realtà, anche se rinunciare ad esercitare il proprio diritto di voto signfica lasciare la via libera alle truppe cammellate dei partiti con il solito codazzo di voti garantiti al potere vigente.

Sono morte le ideologie, e le idee (purtroppo) sono tante, diverse, confuse e poco convincenti.

Politicastri da quattro soldi, dopo aver sgomitato nei grandi partiti per farsi strada, abbandonano la casa madre, alzano la cresta fondando un loro partitello per fare i propri interessi. Troppi partiti, ma nessuno veramente coeso su ciò che conta davvero per portare avanti la nazione a testa alta nel mondo.

Giuseppe Franchi

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Di Redazione Elzeviro.eu

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