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Matolcsy: “Dobbiamo ammettere che l’euro è stato un errore”

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Il governatore della Banca Centrale ungherese, Gyorgy Matolcsy, ha inferto un fendente micidiale contro l’architettura europea e l’euro. In un editoriale per il Financial Times, ha sostenuto che sia necessario ammettere che la moneta unica è stata un errore.

È giunto il momento di cercare in via definitiva un’uscita dalla trappola dell’euro. Esiste infatti un dogma profondamente nocivo, quello secondo cui l’euro sia stato il “normale” passo in avanti verso l’unificazione dell’Europa occidentale. Ma l’idea di una comune moneta europea, e la sua concretizzazione, non sono state affatto normali, dal momento che quasi nessuna delle condizioni preliminari era stata soddisfatta, al momento della sua creazione ed entrata in vigore.

Due decenni dopo il lancio dell’euro, la maggior parte dei pilastri che sarebbero stati necessari per la riuscita di una valuta che avesse successo a livello globale mancano ancora. Mancano, infatti, uno Stato comune, un budget che copra almeno il 15-20% del Prodotto Interno Lordo totale dell’Euro-zona, un Ministro delle Finanze dell’area della moneta comune ed un Ministro che porti a termine gli obiettivi.

Raramente, noi ammettiamo le vere radici della decisione sconsiderata di creare la valuta comune: si trattava di una trappola francese.

Nel frattempo che la Germania si unificava, François Mitterrand, all’epoca Presidente francese, temeva un crescente potere tedesco e credeva che convincere Berlino a rinunciare al suo marco sarebbe stato sufficiente per evitare la nascita di un’Europa a trazione tedesca.

Il Cancelliere dell’epoca, Helmut Khol, cedette, considerando l’euro come il prezzo finale da pagare per avere una Germania finalmente unificata. Tuttavia, ambedue erano in errore. Al giorno d’oggi, abbiamo una Germania europea, non un’Europa tedesca, e l’euro non è stato in grado di impedire l’emergere di un’altra forte potenza teutonica.

Ma anche i tedeschi sono caduti nella trappola dell’euro, quella del “troppo bello per essere vero“.

L’inclusione delle economie dell’Europa meridionale nell’Euro-zona ha condotto ad un tasso di cambio abbastanza debole da consentire ai tedeschi medesimi di diventare la più forte macchina di esportazione globale nell’Unione Europea. Questa opportunità inaspettata li ha resi piuttosto compiacenti.

Essi hanno trascurato di aggiornare le proprie infrastrutture, oppure di investire abbastanza in settori capaci di guardare al futuro. Hanno perduto il treno della rivoluzione digitale, hanno calcolato male l’emergere della Cina e non sono riusciti a costruire società globali paneuropee. Allo stesso tempo, aziende come Allianz, Deutsche Bank e Bayer hanno avviato inutili sforzi per conquistare Wall Street e gli Stati Uniti.

La maggior parte dei Paesi della zona euro ha avuto un andamento migliore prima dell’euro, rispetto a quanto abbiano fatto una volta adottato. Secondo l’analisi del Center for European Policy, ci sono stati pochi vincitori e molti perdenti nei primi due decenni dell’euro.

Variazione percentuale del PIL nei Paesi dell’Euro-zona
Vincitori e vinti dell’euro (analisi e dati del tedesco Center for European Studies)
Guadagno pro-capite della Germania con l’introduzione dell’euro

La moneta comune non era necessaria,

se consideriamo le storie di successo europee antecedenti al 1999, e se prendiamo atto del fatto che la maggior parte degli Stati membri dell’Euro-zona non ne ha beneficiato in seguito. Durante la crisi finanziaria del 2008 e la crisi economica della zona euro nel 2011-2012, una gran parte dei suoi Paesi è stata duramente colpita, avendo accumulato enormi debiti dei governi [problematici perché emessi in una valuta non sovrana, cioè non controllabile, di fatto straniera, N.d.R.]. Non c’è pasto gratis, ed i prestiti a basso costo spesso vengono a costare molto di più in seguito.

Alexandre Lamfalussy, economista ungherese, aveva ragione a dirci che una moneta comune era necessaria per rafforzare il legame fra le varie potenze europee ed a difendere l’UE dai sovietici. Tuttavia, c’è stato un inconveniente: la decisione finale di creare l’euro è stata presa a Maastricht nel 1992, dopo il crollo dell’URSS. La ragion d’essere della moneta unica continentale venne meno nell’esatto momento della sua nascita.

È giunto il momento di svegliarsi da questo sogno dannoso ed infruttuoso.

Un buon punto di partenza sarebbe riconoscere che la moneta unica è una trappola praticamente per tutti i suoi membri – per ragioni diverse -, e non una miniera d’oro. I Paesi dell’UE, sia all’interno che all’esterno dell’Euro-zona, dovrebbero ammettere che l’euro è stato un errore strategico. L’obiettivo di costruire una valuta occidentale di livello mondiale che competesse con il dollaro era una sfida agli Stati Uniti. La visione europea degli Stati Uniti d’Europa ha portato ad una condizione di guerra [economica], aperta o nascosta, da parte americana verso l’UE e l’Euro-zona negli ultimi vent’anni.

Dobbiamo capire come liberarci da questa trappola. Gli europei devono rinunciare alle loro rischiose fantasie di creare un potere in grado di competere con gli Stati Uniti. I membri della zona euro dovrebbero essere autorizzati a lasciare la zona della moneta unica nel giro dei prossimi decenni, e quelli rimanenti dovrebbero costruire una valuta globale più sostenibile. Celebriamo nel 2022 il 30esimo anniversario dalla firma del trattato di Maastricht che ha generato l’euro riscrivendo il patto.

Articolo originale di Gyorgy Matolcsy sul Financial Times – Traduzione a cura di Lorenzo Franzoni

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Di Lorenzo Franzoni

Nato nel 1994 a Castiglione delle Stiviere, mantovano di origine e trentino di adozione, si è laureato dapprima in Filosofia e poi in Scienze Storiche all'Università degli Studi di Trento. Nella sua tesi ha trattato dei rapporti italo-libici e delle azioni internazionali di Gheddafi durante il primo decennio al potere del Rais di Sirte, visti e narrati dai quotidiani italiani. La passione per il giornalismo si è fortificata in questo contesto: ha un'inclinazione per le tematiche di politica interna ed estera, per le questioni culturali in generale e per la macroeconomia. Oltre che con Elzeviro.eu, collabora con il progetto editoriale Oltre la Linea dal 2018 e con InsideOver - progetto de il Giornale - dal 2019.

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