Apparati politici e mediatici hanno improvvisamente smarrito quella fiducia – che pareva inossidabile – nei confronti di Conte. E se il premier, suo malgrado, si fosse trasformato nell’agnello sacrificale per accedere al lauto banchetto del Recovery Fund?
di Andrea Zhok
Quando un governo cade per una cosiddetta ‘manovra di palazzo‘, come quella promossa ufficialmente da Renzi, significa che qualcuno di ‘color che possono’ (alias ‘poteri forti’) si è mosso. L’operazione attuale è mirata ad avere la testa di Conte su un piatto.
Da Giannini a Sallusti dal Corriere a Repubblica è tutto un coro sugli ‘errori’ compiuti dal premier. Quali esattamente siano è sempre lasciato nel vago; talvolta solo errori tattici, talaltra di sostanza politica, talvolta limiti di personalità, altre di ambiguità, a breve verrà fuori che ha la pressione alta.
Il minimo comune denominatore, l’unica cosa che conta è far passare l’idea che con un cambiamento al vertice staremo tutti tanto meglio. Pur di ottenere il risultato sono disposti a sventolare persino il nome di Di Maio come premier. Ovviamente è una patetica finta ma in Parlamento se scommetti sull’imbecillità dell’interlocutore di solito vinci.
Poi, siccome nessuno, ma proprio nessuno vuole andare ad elezioni anticipate, visto che tutti rischiano di dover tornare ad un mestiere che non hanno, la testa di Conte è solo l’anticamera di un governone di responsabilità nazionale con dentro tutti i detriti della palude centrista e sostegno esterno della destra.
Pronti ad apparecchiare la mangiatoia del Recovery Fund e a spiegare al pueblo che è giunto il momento di fare un buco in più alla cintura. Con profondo senso di responsabilità tutti i mastellimorfi si stringono a coorte e allacciano il bavagliolo. Che la festa abbia inizio.