I toni dell’ultimo rapporto uscito dagli uffici del Censis certificano la spaccatura sociale tra élites e popolo e sottolinea, ancora una volta, l’incapacità dei primi di ascoltare i secondi.
L’Istituto di ricerca pubblica annualmente un rapporto che avrebbe l’obiettivo di inquadrare la situazione socioeconomica italiana. Ciò che stupisce di questa ricerca non sono però i risultati, banali e per nulla sorprendenti, quanto piuttosto il tono comunicativo utilizzato da un Istituto che dovrebbe limitarsi alla ricerca, senza dare giudizi di valore.
Paranoici e incattiviti, così il Censis etichetta gli italiani
Per rendersi meglio conto di quanto scritto, ecco un estratto del rapporto:
“Gli italiani sono in preda a una sorta di sovranismo psichico prima ancora che politico, che talvolta assume i profili paranoici della caccia al capro espiatorio, quando la cattiveria – dopo e oltre il rancore ‒ diventa la leva cinica di un presunto riscatto e si dispiega in una conflittualità latente, individualizzata, pulviscolare”.
Sovranismo psichico, rancore, cattiveria, paranoici. Il Censis utilizza una serie di aggettivi, con connotazione fortemente negativa, per descrivere i presunti disturbi mentali presenti negli italiani. Soprassedendo sul fatto che quest’istituto non è composto da psicologi o medici, e dunque queste analisi “cliniche” sono prive di qualsiasi valore, osserviamo con stupore questo assoluto disprezzo che i redattori del rapporto riservano agli italiani.
La realtà banalizzata del Censis
Lo studio si dilunga poi nell’esposizione di una serie di statistiche che, chiunque dotato di buon senso e vicino alla realtà quotidiana, potrebbe ricavare senza la fatica di una costosa ricerca sociologica. Gli italiani vogliono più sicurezza e sono scettici verso la bontà del progetto europeo. Il Censis ovviamente condisce tali concetti con una terminologia volta a declinare in razzismo, fascismo e autarchia queste legittime aspirazioni popolari. Insomma grazie a quest’istituto sappiamo oggi che l’Italia non avrebbe problemi di alcun tipo, se solo i suoi cittadini fossero meno paranoici e incattiviti verso il resto del mondo.
Basterebbe quindi che gli italiani ogni mattina facessero, tutti insieme, un corso di yoga collettivo per scacciare questi cattivi pensieri e l’Italia potrebbe uscire così magicamente dalla crisi. L’adolescenziale ingenuità di questa ricostruzione fantasiosa ci fa in fondo sorridere, anche se davvero non ci si capacita di come un Istituto, composto da persone teoricamente specializzate, possa produrre un rapporto del genere. Non è tuttavia la prima volta che il Censis si lascia andare in giudizi demofobici.
La spaccatura sempre più profonda tra popolo e élites
Nel 2016 quest’Istituto aveva criticato aspramente la propensione degli italiani al risparmio. In quel rapporto gli italiani venivano etichettati con disprezzo come “rentiers”, ovvero gente che vive di rendita. Insomma si invitava la popolazione a disfarsi di anni di sacrifici in un momento in cui la crisi economica continua a martoriare il nostro Paese. Un “consiglio” economico degno della peggior televendita. Nel 2017 invece il centro di ricerca si è di nuovo buttato sul “rancore” del ceto medio piccolo. Un evergreen che evidentemente funziona sempre.
Al netto di tutte le idiozie presenti, questi rapporti ci insegnano paradossalmente qualcosa. Ovvero che il conflitto popolo/élites non esiste più ormai solo a livello politico, ma si è sedimentato in ogni settore della società. Esistono medici che “divulgano” la scienza a suon di insulti alle persone “non istruite”, ci sono ricchissimi manager che ridicolizzano i disoccupati “nullafacenti” e ci sono, come nel caso del Censis, ricercatori chiusi nei loro uffici pronti a denigrare comuni mortali, magari piccoli artigiani o commercianti, che sono, in realtà, costretti ad arrivare alla fine del mese alla bene e meglio durante una crisi economica epocale. Questo solco sociale si sta facendo sempre più profondo e l’unico antidoto sarebbe la presenza di un’élites illuminata, come la storia insegna, ma questo non pare essere il caso.