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La Svezia certifica il fallimento del multiculturalismo

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Il paese scandinavo, presentato dai liberal come il più fulgido modello di integrazione, è ormai da un decennio alle prese con fenomeni di autoghettizzazione, violenze e discriminazioni di matrice religiosa. Ciò che ne consegue, dunque, è esattamente l’opposto: il fallimento del multiculturalismo.

di Antonio Di Siena

Nelle principali città della Svezia ci sono alcuni quartieri sotto il totale controllo dei cittadini di fede islamica. Vengono chiamate ‘no go area’ e la più celebre è Rinkeby, un sobborgo di Stoccolma dove polizia, vigili del fuoco e ambulanze ogni volta che entrano vengono sistematicamente fatti oggetto di sassaiole e lancio di molotov.

La situazione in Svezia è molto tesa da almeno dieci anni, durante i quali sono state più volte assaltate, scuole, commissariati e, ovviamente, sinagoghe. Oppure, molto più banalmente, vengono quotidianamente aggrediti giovani svedesi colpevoli di violare le ‘sharia controlled zone’.

Pezzi di europeissime città sotto il controllo delle maggioranze musulmane, quartieri in cui è ‘vietato’ (non dalla legge ma de facto) bere alcolici o indossare tacchi a spillo. Esattamente come accade per le strade dell’Arabia Saudita. Quartieri in cui, causa l’assenza di controlli, sono proliferate le gang che gestiscono lo spaccio e gran parte delle attività criminali.

La società svedese è attraversata da tempo da tensioni razziali fortissime che, di tanto in tanto, si trasformano in aperta rivolta. Come durante la notte di ferragosto 2018 quando decine di ragazzi mediorientali residenti in tutto il Paese si coordinarono per dar fuoco a centinaia di auto.

Ebbene in questa pacifica patria dell’integrazione, considerata il giardino dell’Eden dalla sinistra liberal, qualche giorno fa due adolescenti (si dice tredicenni) sono stati picchiati, torturati, bruciati, denudati, violentati e sepolti vivi da due immigrati. La loro colpa? Essersi rifiutati di acquistare della droga venduta in strada. L’episodio di violenza sulle vittime, fortunatamente sopravvissute, ha sconvolto l’opinione pubblica scatenando le reazioni più disparate.

Come facilmente preventivabile gruppi di estrema destra hanno prontamente organizzato numerosi cortei anti-immigrazione. Durante uno di questi, a Malmö, è stato bruciato un Corano. Un rogo che ha innescato altre proteste e una scia di rivolte e violenza andata avanti per tutta la notte durante la quale interi sobborghi sono stati devastati.

Di fronte a questa ennesima incontrollata ondata di violenza (oramai una costante del nord Europa dall’omicidio di Theo van Gogh in poi) soltanto un cretino non si rende ancora conto che il multiculturalismo ha miseramente fallito. L’immigrazione e l’integrazione sono fenomeni delicatissimi che devono essere gestiti a dosi piccolissime.

Non si può pretendere di riempire un’Europa scarsamente popolata e affetta da una denatalità e crollo demografico senza precedenti con milioni di persone che professano (legittimamente) una religione diversa ma assolutamente incompatibile con il modo di vivere europeo. Diversamente, per inseguire l’utopia di un mondo popolato da fratelli stiamo trasformando la nostra casa in una polveriera. Serve prenderne atto, sempre che prima non esploda.

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