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Europa: lo scontro è tra centro e periferia

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di Giuseppe Masala

La narrazione dei risultati delle elezioni europee secondo la stragrande maggioranza degli analisti sarebbe la seguente: i partiti sovranisti non hanno sfondato e il Parlamento Europeo continuerà ad essere guidato da partiti filoeuropeisti che mantengono la maggioranza, allargandosi magari ai Verdi e ai Liberali di Aide.

In apparenza certamente le cose stanno così, ma andando un po’ più in profondità la realtà è estremamente diversa da quella che appare. E’ vero i partiti filo europei mantengono la maggioranza nel Parlamento Europeo, pur facendo ricorso ad una grande ammucchiata sostanzialmente in funzione anti sovranista. 

Ma l’architettura istituzionale europea e la geografia smentiscono queste analisi superficiali

Il Parlamento Europeo infatti rimane un’istituzione sostanzialmente irrilevante: è l’unico parlamento forse della storia dell’Umanità ad avere due sedi ma non il potere legislativo. Le istituzioni fondamentali della UE sono su base governativa e nazionale: questo vale per la Commissione, vale per l’Econfin e vale soprattutto per il Consiglio dei Capi di Stato e di Governo. Vista sotto questa ottica le cose cambiano. Image result for farage le pen

Infatti i partiti filo europei hanno vinto nel nucleo duro dell’Europa (quella che io ho sempre chiamato l’Europa di Serie A) mentre ha perso in quella seconda fascia che secondo i progetti deve fungere da Lebensraum per le produzioni a basso costo del nucleo centrale incardinato sulla Germania.

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Guardate la cartina: tutta la fascia attorno al nucleo centrale è in rivolta e hanno vinto i partiti sovranisti spesso con esiti plebiscitari.

Polonia e Ungheria confermano in maniera plebiscitaria i loro governi euroscettici e filo americani.

L’Italia è ormai a maggioranza euroscettica con il fortissimo exploit di Lega e Fratelli d’Italia (che da soli sono ad oltre il 40%).

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Il novello Brexit Party ha raggiunto il 31% delle preferenze. Primo partito in Gran Bretagna.

In Francia ha vinto l’euroscettica Le Pen e questo indebolisce sostanzialmente l’europeista Macron. Inutile parlare della Gran Bretagna – già sulla via dell’uscita dalla UE che ha visto trionfare il partito di Nigel Farage.

Tutta l’area – da est a ovest e da nord a sud – attorno al nucleo centrale è in fortissima rivolta. Questo ovviamente avrà enormi conseguenze sia nella Commissione, sia nel Consiglio dei Capi di Stato e di Governo e sia nell’Econfin. Rimangono fedeli alla Germania solo gli altri paesi core (Olanda, baltici, scandinavi e paesi ipotecati quali Spagna, Portogallo e forse la Grecia però sotto elezioni anticipate).

L’asse della rivolta si sostanzia in due punti fondamentali:

  • No all’immigrazione e dunque un asse identitario.
  • No a regole economiche e finanziarie troppo penalizzanti per alcuni. Dunque un asse economico.

Spesso i due assi si intersecano: per esempio in Italia ci sono entrambe le istanze. Ed in altri paesi come Polonia e Ungheria, dove la protesta è più spostata verso l’asse identitario, non tarderà ad arrivare anche l’Istanza economica, magari in relazione al fatto che gli altri paesi vorrebbero che entrassero nell’Euro e quindi abbandonino la moneta nazionale con tutte le conseguenze del caso. 

A breve alcuni passaggi fondamentali:

Nomina nuova Commissione e nuovo Presidente della BCE. Uscita della Gran Bretagna. E magari nel frattempo attendiamo l’ultima follia della Commissione Juncker: la lettera di messa in mora dell’Italia per “debito eccessivo”. Una vera azione in malafede. L’Italia è da sempre in debito eccessivo e nel frattempo cammina sulle sue gambe grazie ad una posizione finanziaria netta in sostanziale pareggio. Una lettera d’infrazione sarebbe un assist a porta vuota a vantaggio di Salvini che avrebbe gioco facile a svelare la pretestuosità e la cattiveria della mossa di una commissione ormai dimissionaria.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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