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Bernard Henri-Levy piange per la Libia, ma nel 2011 esultava come un bambino per la morte di Gheddafi

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Esistono due categorie di intellettuali. Quelli che, quando umanamente prendono una cantonata, sanno fare un passo indietro, chiedere scusa, ripulendo l’errore con un bagno di umiltà.

di Gabriele Tebaldi

E poi ci sono gli intellettuali arroganti, quelli che non sanno riconoscere i loro limiti, del tutto umani, e, pensando di possedere un’aura di infallibilità, nascondono sotto il tappeto la marea di sentenze smentite dall’inesorabile corso della storia.

Non possiamo non collocare in questo secondo gruppo Bernard Henri-Levy (d’ora in poi BHL), intellettuale francese spesso ospitato sulle prime pagine di Repubblica, quasi come se il giornale intendesse mostrare come trofeo una delle punte di diamante del pensiero progressista europeo.

In uno dei suoi recenti editoriali

BHL rilascia una personale ed accorata testimonianza sulla situazione in Libia, raccontando di un suo recente viaggio nell’ex colonia italiana. Pur trattandosi di un resoconto di un Paese falcidiato dal dramma della guerra, l’autore non riesce a nascondere una buona dose di autoreferenzialità, primo indizio di narcisismo non troppo latente, già ravvisabile nel titolo: “Libia, sputi e spari cosi mi hanno dato la caccia nel deserto”. Segno evidente che tra migranti e civili in fuga, stringi stringi, quello che più conta è l’incolumità di BHL stesso.

Infatti nel resoconto dell’intellettuale francese il dramma della guerra appare come semplice cornice di un racconto auto celebrativo. Nelle pagine di Repubblica BHL si dipinge come un eroe d’altri tempi, che mangia pane e pericolo a colazione. Un uomo capace di sfondare posti di blocco delle milizie libiche che lo additano come “sporco ebreo” (ecco il continuo ritorno dell’auto vittimismo celebrativo) e fuggire alle smitragliate dei kalashnikov come un novello Schwarzenegger.

Al termine di questo tripudio di epicità non è molto chiaro quale fosse il vero intento del racconto di BHL: raccontare il dramma di un Paese falcidiato da nove anni di guerra civile oppure proporsi come nuovo Rambo hollywoodiano?

L’evidente narcisismo persistente nell’autore

non dovrebbe sorprenderci nel propendere verso la seconda opzione. Tuttavia, mentre aspettiamo la prossima uscita nelle sale di “BHL la vendetta”, ci sorprende invece leggere l’assoluta bravura dell’autore di sapersi discolpare rispetto alla responsabilità morale per l’inizio della guerra civile libica nel 2011.

Pur essendo infatti uno di quegli intellettuali che nel 2011 scodinzolava con entusiasmo dietro alle bombe della NATO contro l’esercito di Gheddafi, BHL oggi veste furbescamente i panni dell’alunno ingenuo. Quello che dopo la marachella usa le peggiori scuse del mondo per tentare goffamente di apparire innocente: “quando è successo non c’ero”, “forse l’ho fatto , ma non mi ricordo”, “l’ho fatto senza accorgermene”.

Per onor di cronaca e per fugare qualsiasi dubbio, riportiamo uno stralcio di un’intervista rilasciata da BHL al giornale francese l’Express nel novembre 2011, poche settimane dopo la morte di Gheddafi e l’inizio del caos libico che ancora oggi conosciamo:

La caduta di un dittatore, l’entrata nella democrazia, anche se piena di insidie, anche se non è un cammino di rose, anche se ci sono dei passi avanti e indietro, è sempre un evento straordinario. Io sono orgoglioso e fiero di essere associato a questo evento. Sono orgoglioso e fiero che il mio Paese, la Francia, ha avuto questo ruolo di primo piano.

A sinistra Nicola Sarkozy, regista del bombardamento in Libia. A destra BHL, tifoso delle stesse bombe.

Fiero della guerra portata per procura in Libia dal suo Paese

Fiero delle bombe NATO intervenute in favore di una delle parti in causa, ribaltando l’esito di una guerra civile. Fiero di un “evento straordinario” che dopo nove anni si presenta per come avrebbe dovuto essere chiaro fin dall’inizio: ovvero un grande inganno orchestrato per favorire gli interessi geoeconomici della Francia. Il Paese per cui BHL si dichiara fiero.

Purtroppo ad oggi non esiste una corte di giustizia in grado di giudicare la responsabilità morale di intellettuali come BHL sul destino della Libia. L’intellettuale francese sarebbe infatti in buona compagnia nel gruppo dei mandanti morali dell’assassinio di un intero Paese. Senza questa tardiva ma doverosa giustizia non possiamo fare altro che appellarci ad un altro principio di equità postuma, ovvero quello della speranza della caduta nell’oblio dell’intellettuale in questione.

 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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