LONDRA – Dopo quattro anni e mezzo di prigionia, di cui tre passati nell’ambasciata dell’Ecuador in quel di Londra, Julian Assange è ancora recluso. Fisso, in piantana, un poliziotto dovrebbe essere pronto a braccare il fuggitivo. In realtà tiene le mani in tasca e ha lo sbadiglio facile.
Il vento freddo dell’inverno londinese non gli dà requie. E’ presente anche una camionetta delle forze dell’ordine. A due passi, l’ambasciata colombiana sembra semi deserta, mentre su quella dell’Ecuador è sempre alta la concentrazione. Ci siamo uniti per qualche ora alla protesta continua inverata da alcuni sostenitori della libertà contro l’arroganza e lo strapotere statunitense che vorrebbe comminare l’ergastolo all’australiano per la divulgazione di segreti di Stato scomodi che hanno aperto la strada al Datagate e allo scandalo delle intercettazioni.
Capo dei dimostranti, i quali portano la loro solidarietà ad Assange, un vecchio irlandese repubblicano. Condividiamo la nostra fede repubblicana parlando di politica estera. Ci viene detto che Assange si è affacciato dal balcone per tre volte, ultimamente, per dare un segno di vicinanza ai suoi sostenitori. Il recluso, tuttavia, rischia di essere arrestato tutte le volte che mette il naso fuori dalla sede diplomatica.
Freddie