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I guerrieri Maasai: un fiero popolo unito contro le multinazionali americane

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Tra le tante storture che la globalizzazione ha comportato vi è quella dell’omologazione di tutti i popoli della terra ad un unico modello: il consumatore medio americano. Cappellino della squadra di baseball preferita, polo firmata di due taglie più grossa, leggermente o molto sovrappeso, un pò sempliciotto e sprovveduto, specialmente nella gestione dei soldi. E’ un consumatore che spende l’intero reddito nell’acquisto di beni, il più delle volte inutili (come astrusi modelli econometrici insegnano) fino ad arrivare a un indebitamento, inestinguibile con le banche.

Così la mano della globalizzazione si sposta sul mappamondo alla ricerca di quelle popolazioni che, fortuna loro, ancora non hanno subito questo colpo semi-mortale. Nel silenzio dei media e dell’opinione pubblica vivono i Maasai, un popolo nilotico stanziato al confine tra Kenya e Tanzania. Strano a dirsi ma questo popolo di guerrieri/allevatori non vive di shopping compulsivo, ma si accontenta di vivere di ciò che la terra ha generosamente concesso loro. Sembrerà strano, eppure si riesce a sopravvivere anche così, senza sfruttare in maniera intensiva ogni cosa che ci sta intorno.

Eppure, nonostante questa popolazione abbia sempre vissuto pacificamente senza rompre i “cosiddetti” a nessuno, qualcuno ha voluto andare a romperli a loro in maniera indiscriminata. Prima i colonizzatori inglesi di inizio ‘900 costrinsero i Maasai a ridurre notevolmente il territorio che era di loro legittimo domicilio. Una dominazione arrogante ed autoritaria, tipica del colonialismo britannico, mai punito dalla storia.

Il calvario però non finisce qua, perché dopo l’imeprialismo classico arriva quello post-moderno, fatto di dollari, prestiti e usura, una strategia ben conosciuta ai piani alti di Wall Street. La Orpower, una multinazionale americana ha piantato le tende nella zona kenyota grazie alle concessioni di un governo probabilmente corrotto. Si parla di grandiosi progetti geotermici, gli stessi che John Perkins, un agente pentito delle multinazionali, descrive nei suoi libri. Progetti che arricchiranno solo la parte di popolazione più ricca, ma da cui saranno esclusi gli indigenti.

I Maasai sono tra questi, e anzi sono costretti ad abbandonare quantità sempre più grandi della loro sacra terra, già ora devono sopravvivere nella zona più arida di quel territorio. Il popolo nilotico sta organizzando manifestazioni contro il governo kenyota e le piovresche multinazionali, un duello impari tra chi, come direbbe Massimo Fini, “sarebbe disposto a vendere pure sua madre per qualche migliaio di euro” e chi invece per nessuna cifra al mondo non venderebbe neanche il frutto più marcio della propria terra. “Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli”, questo è il lungimirante e modernissimo pensiero della cultura Maasai, verso cui va la nostra solidarietà. 

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Di Redazione Elzeviro.eu

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