Redistribuzioni

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Ieri il nuovo segretario della Cgil Maurizio Landini, nel nome di una nuova politica redistributiva, ha lanciato un’idea geniale ed inaspettata.

Rullo di tamburi:

“La Patrimoniale”.

Ora, gli studi sui cani di Pavlov mostravano come dopo che un’azione era seguita da una scossa elettrica, questi, anche dopo pochissime ripetizioni, capivano come non si trattasse di un comportamento raccomandabile.

Ma Landini – diversamente dal ‘popolo’ cui si rivolge – con tutta evidenza è refrattario a condizionamenti basati sull’esperienza pregressa.

La Patrimoniale infatti è quell’entità mitica, promessa decine di volte come grande mossa di riduzione redistributiva delle diseguaglianze sociali, e che, com’è come non è, nei rari casi in cui ne è venuto fuori qualcosa, si è trattato sempre di qualcosa di assai diverso dalle attese.

Ma com’è possibile?
Si è trattato di beffardi e imprevedibili scherzi della sorte?
Non proprio.

Quando si parla di ‘patrimoni’ ne esistono di due tipi, quelli liquidi (di gran lunga la parte prevalente) e quelli immobili (case e terreni).

In Italia, a legislazione vigente, i capitali liquidi sono: a) in gran parte non identificabili a causa delle condizioni di tutela del credito;
b) data la legislazione sui liberi movimenti del capitale, sono spostabili in tempo reale ovunque.

Ciò conferisce al capitale finanziario un potere contrattuale immensamente superiore ad ogni altro ‘fattore di produzione’, ed è perciò che la rendita del capitale finanziario ha sempre una tassazione di favore, che oscilla tra il 20 e il 26% (cioè più o meno come la più bassa aliquota Irpef).

Questo implica che si dice “Imposta Patrimoniale”, ma si fa come “Tassazione sugli immobili”.

Ora, è importante notare come uno dei pochi fattori di capitalizzazione residua rimasti alle famiglie italiane, come lascito dei ‘trenta gloriosi’ è un alto numero di case di proprietà.

La casa di proprietà,

sia detto di passaggio, è vista nel nuovo mondo coraggioso dei liberisti come un orpello di tempi passati, quando le persone erano legate ad un territorio e a una comunità. Oggi il nuovo dinamismo globalizzante richiede che ci si tolga di torno quanto prima tutti questi oltraggiosi lacci e lacciuoli che ci legano a luoghi fisici, e ci si proietti sollecitamente in una nuova dimensione gaiamente nomadica (poi se cosmopolita mondano o migrante con le pezze al culo, vedi un po’ tu).

Ma a parte questo fattore di ‘gusto’ moderno, c’è poi anche una seconda cosa da tenere in considerazione.

L’esito di un significativo aumento delle tassazioni sugli immobili tende ad essere duplice: ridurre il valore degli immobili e portarne sul mercato un gran numero.

Ora, è importante osservare come da tempo siamo in una fase storica in cui ci sono enormi masse di liquidità fluttuanti nei mercati finanziari, che cercano occasioni per trasformarsi da potere d’acquisto astratto in ‘Real Property’, in muri e terra.

Infatti, fino a quando questi denari – spesso frutto di speculazione – restano nell’empireo dei conti off-shore o di titoli sul mercato secondario, essi hanno un’esistenza umbratile e rischiosa. Basta una crisi finanziaria, qualche ‘sgonfiamento di bolla’, e ci si può ritrovare con un capitale dimezzato.
Quando invece questi capitali liquidi scendono dal cielo creditizio alla terra della proprietà immobiliare, essi diventano qualcosa di inscalfibile.

Ciò significa che interventi di incremento della tassazione patrimoniale sugli immobili (a meno che non prenda di mira selettivamente chi colleziona appartamenti nel suo portfolio, cioè la grande proprietà immobiliare) sono interventi che consentono al capitale finanziario di incarnarsi, indebolendo la resistenza economica degli abitanti (i ‘residenti’).

Questa operazione favorisce obiettivamente un ulteriore spostamento di potere economico dalle persone alla finanza, da lavoratori e pensionati a fondi pensione, assicurazioni, istituti di credito, ecc.

Ma, dopo tutto, anche questa è redistribuzione, no?

prof. Andrea Zhok

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Di Redazione Elzeviro.eu

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