E’ un periodo di forti contraddizioni per gli Stati Uniti: se da una parte i mercati azionari manifestano una ripresa dopo la crisi da Coronavirus, dall’altra, l’economia reale sembra sprofondare in una grave depressione.
Si sa, le conseguenze dell’epidemia di Covid-19 sono state deleterie per le economie di tutto il mondo, ma certamente alcuni paesi hanno subito ripercussioni più gravi di altri. In questi mesi abbiamo tanto sentito parlare di come l’Europa, e ancor più l’Italia, sia incappata in una profondissima crisi; il tutto mentre si vociferava che i nostri ex alleati americani, malgrado il comune nemico, se la stessero passando decisamente meglio.
L’idea del grande inarrestabile gigante statunitense è però crollata nel momento in cui gli analisti di Goldman Sachs (una delle più grandi banche USA) hanno dichiarato che l’economia statunitense è entrata in una lunga fase di recessione. Un fatto bizzarro, se si pensa che, proprio in questi giorni, gli americani stanno celebrando il “miracolo” dei mercati azionari: l’8 giugno il Nasdaq Composite (borsa statunitense che si concentra particolarmente sulle società tecnologiche) ha chiuso con un rialzo dell’1,1 %, toccando il suo massimo storico. Si è quindi registrato un ritorno ai livelli pre-crisi e il presidente Trump non ha indugiato nell’elogiare subito questo successo attraverso un tweet eccitato.
L’effetto della Federal su S&P e Dow Jones
Effettivamente, i mercati azionari americani hanno presentato una ripresa considerevole. L’ S&P – un indice che segue l’andamento di un paniere azionario composto dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione – che era stato in modo particolare colpito dall’emergenza sanitaria – è in questi giorni tornato al livello di fine febbraio, chiudendo con un +1,2%. Viene premiato anche il Dow Jones – altro importante indice americano, il quale soppesa i principali 30 titoli di Wall Street – chiudendo con un 1,7%.
Le cause di questo rialzo del mercato azionario sono da individuare probabilmente, da una parte, negli interventi attuati dalla Federal Reserve (la banca centrale americana), e dal governo, a sostegno dell’economia, e dall’altra, nella crescente fiducia nel fatto che saranno aziende USA a sviluppare farmaci e vaccino anti-Covid: una speranza che ha fatto (forse anche smodatamente) crescere un forte entusiasmo negli investitori statunitensi.
L’economia reale e la disoccupazione
Tuttavia, l’8 giugno scorso, è arrivata la doccia fredda: l’annuncio di una nuova fase di recessione. Se infatti i mercati azionari sembrano aver cancellato del tutto le perdite degli ultimi mesi, lo stesso non si può di certo dire dell’economia reale, ovvero l’ambito della vita economica direttamente collegato alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi. La grande “piaga” dei nostri tempi – la disoccupazione – ha colpito anche il gigante statunitense. Sebbene il tasso sia migliore delle previsioni, è comunque superiore al 13%, registrando un livello mai visto tanto alto dagli anni ’70 fino ad oggi. Secondo i calcoli, si prevede che sono a rischio tra i 5 e i 25 milioni di posti di lavoro, un numero che potrebbe superare addirittura quelli persi durante la crisi del 2008.
La perdita in termini di redditi dei lavoratori, e quindi la capacità di consumo, a livello globale, potrebbe raggiungere i 3400 miliardi di dollari nel 2020, con un crollo particolare nei settori del turismo, dei trasporti e dell’industria dell’automobile.
Nonostante ci sia una corrente consistente di economisti che persistono a deviare l’attenzione verso la Cina, primo fra tutti Paul Gruenwald (capo economista di S&P) che ha fatto insistentemente notare che le condizioni economiche della Repubblica Popolare sono ben peggiori delle loro, ce ne sono altri come gli analisti di Bank America, che preferiscono affrontare la realtà della propria situazione.
Crisi petrolifera e grandi contraddizioni
In modo particolare, questi ultimi, sono preoccupati per la crisi petrolifera che incombe sulle teste americane negli ultimi tempi e che potrebbe causare davvero il colpo di grazia per l’economia USA. Infatti, dopo le già minacciose problematiche che si erano create tra marzo e aprile, la scorsa settimana infatti hanno denunciato che i prezzi bassi e la diminuzione dello spazio di stoccaggio hanno comportato la decimazione di alcuni pezzi dell’industria petrolifera americana, soprattutto riguardo aziende soverchiate dai debiti e con bilanci disastrati.
Si tratta dunque, per l’America, di un momento di grandi contraddizioni che vedono i mercati finanziari viaggiare su una strada parallela rispetto all’economia reale. Questa è solo la dimostrazione del fatto che, seppur molti analisti siano ancora convinti che il benessere di un soggetto dipenda da quello dell’altro, ormai ai giorni d’oggi è chiaro quanto il mondo della finanza sia ben distante da quello dell’economia reale, bensì sia dipendente solo da un gioco di fiducia e corrispondenza. Spesso unidirezionale.