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Cosa farà l’Europa dei due pesi e due misure con Deutsche Bank?

Polizia negli uffici di DB - Francoforte

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Da diversi anni si rincorrono ormai le voci di una possibile voragine interna a Deutsche Bank, ma una tavola di compensato sembra averla coperta agevolmente mentre le persone continuavano a camminarvi sopra. Ora un altro scandalo: due alti dipendenti avrebbero usato filiali della banca per aprire società off-shore senza avvertire le Autorità competenti, come detta legge, del pericolo di riciclaggio.

Nel 2014 l’Autorità di Vigilanza della BCE aveva sottoposto agli stress test, ossia ad inderogabili  esami di bilancio, 131 banche disseminate per il territorio dell’Unione, indagando gli attributi degli attivi patrimoniali, al dicembre dell’anno precedente. È infatti sereno come un attivo patrimoniale, anche di una certa consistenza, non tradisca necessariamente una situazione sana dell’istituto di credito. Ciononostante le investigazioni hanno inopinatamente lasciato da parte gli attivi di mercato, ossia hanno preso in considerazione i crediti erogati dalle banche alle aziende e non i derivati, questo perché è di fatto quasi impossibile tracciare con assoluta precisione le potenziali perdite di valore di tali strumenti di mercato. La BCE ha dato dunque per buoni i modelli e gli schemi forniti dagli stessi istituti di credito per quanto riguarda i derivati.

Piccolo problema.

Per le banche teutoniche i prodotti derivati costituiscono un fondamentale indice dell’attivo, circa il 25%, mentre l’indicatore di leva finanziaria (= attivo patrimoniale / patrimonio netto), rappresenta circa il 27% percento dell’attivo globale. Si è scelto quindi di fidarsi completamente, o, de facto, di ignorare un quarto della totalità dell’indice dell’attivo della banca.

L’esempio di Deutsche Bank,

che gestisce ed impiega risorse per un totale maggiore del Prodotto interno lordo dell’Italia, circa 1,7 miliardi di euro, disponendo di un patrimonio netto di 37 miliardi; svalutando l’attivo del 2%, per esempio, si potrebbe ridurre a zero il patrimonio della banca in questione.

Perché non si può usare lo stesso metro di valutazione per tutte le banche?

Le banche italiane al loro interno ripongono un peso maggiore sui titoli di Stato entro l’attivo patrimoniale (in media, il 15 per cento), un indicatore di leva finanziaria in media <15% ed una percentuale a cifra unica (risibile) di prodotti derivati.

Ecco che il risultato non può che lasciare stupiti.

Le banche tedesche sono uscite dagli stress test del ’14 con una facilità irrisoria e quantomeno foriera di dubbi, considerato com’esse fossero ben addentro le dinamiche di finanza aggressiva e speculativa che ha portato al crack del 2008.

Due banche italiane, com’è noto, non hanno superato gli stress test. Carige e Montepaschi Siena, infatti, hanno evidenziato ampi passivi patrimoniale (814 mln di euro e 2,1 mld di euro), nonostante le operazioni per salvarle inverate dai governi.

E allora come mai, se tutto andava così bene, Deutsche bank solamente l’anno dopo era in crisi nera?

DB ha annunziato nel terzo trimestre del ’15 una perdita di 6 miliardi di euro proveniente proprio dai prodotti derivati. All’arricchimento di pochi sono conseguite le chiusure di centinaia di filiali e i licenziamenti di migliaia di persone. Tutto questo – ribadiamo – un anno dopo le severe ispezioni dell’Autorità di Vigilanza Europea. È dunque evidente che i criteri di misurazione della BCE sugli istituti di credito sono inopinatamente sbagliati e non si adattano alle diverse situazioni statali.

Nel silenzio imbarazzato della cancelliera tedesca, sempre più vicina all’agognata pensione, poi, DB è ormai avvolta da uno scandalo che ne potrebbe minare ineluttabilmente la credibilità.

Se 170 poliziotti, PM e finanzieri tedeschi hanno perquisito gli uffici di Francoforte della banca, l’ipotesi che si paventa è tremenda: “riciclaggio”. Spuntati da alcuni dati dei Panama Papers, due nomi di alti dipendenti della banca avrebbero aiutato clienti ad aprire aziende nei paradisi fiscali senza eseguire i dovuti avvertimenti alle autorità per i casi di riciclaggio sospetto – tutto ciò operato mediante delle filiali dell’Istituto creditizio.

La banca ha dichiarato via Twitter che collaborerà completamente con le Autorità.

Nella situazione finanziaria traballante degli ultimi mesi, DB ha lasciato sul campo 3% del valore di Borsa.

A questo punto sorge spontanea la domanda: come si comporterà l’Autorità di Vigilanza europea di fronte a questa ulteriore dimostrazione di possibile inadeguatezza del colosso finanziario? Avrà la forza e la capacità di usare, finalmente, strumenti di analisi adatti ed adattati alla necessità?

I dubbi, considerata la storia recente, sono molti e una risposta degli istituti creditizi del Sud Europa, aggregantesi in un’associazione potrebbe essere una prima risposta a tale vergognoso trattamento con due pesi e due misure da parte dell’Unione europea.

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