Tornando al Piano Colao fa davvero impressione la reductio della cultura italiana a “brand”, a marchio, a prodotto di marketing che deve avere una rinfrescata (refreshing direbbe Colao) per venderlo meglio.
di Giuseppe Masala
Parliamo di Dante e Gadda, di Michelangelo, Caravaggio e Ligabue, parliamo di Macchiavelli e Gramsci, di Vico e Croce, di Verdi e Puccini. Un patrimonio che è impossibile enumerare e che è parte fondante dell’identità dell’Umanità tutta, ridotto a mera paccottiglia da vendere in una bancarella a poco prezzo. Non vale manco la pena, non vale manco la pena, insultarli.
Ma il punto è sempre lo stesso
degli economisti, dei meri ragionieri di cultura modestissima, oserei dire infima, non possono dirigere lo Stato e le sorti di un popolo secondo i loro criteri ragioneristici e pseudo aziendal-efficientisti di bassa lega. Si è dato troppo peso alla visione economicistica delle cose, peraltro con risultati drammatici, escludendo l’Humanitas e l’essenza stessa della storia, del pensiero, della creatività.
Ripeto il mio punto di vista per quanto modesto: non solo bisogna espungere le idee degli economisti dal processo delle decisioni della Polis, ma rifondare totalmente lo studio dell’Economia: cancellare le facoltà di economia che producono solo aborti di pensiero, dividere gli studi aziendali dagli studi di economia politica e mettere i primi nelle facoltà di giurisprudenza e i secondi o nelle facoltà di matematica o in quelle di filosofia. Se la crema degli economisti italiani riduce a “brand” la cultura italiana siamo caduti in un abisso senza fondo. Bisogna prenderne atto e agire.
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