Immaginate di essere i protagonisti di un romanzo distopico simile a “La svastica sul sole” di Philip Dick.
Nonostante la resa dell’alleato italiano l’8 settembre, Hitler ha vinto la seconda guerra mondiale. La Resistenza è stata agevolmente sconfitta e l’Italia interamente occupata.
di Antonio Di Siena
Il 25 aprile è soltanto un giorno qualunque del calendario.
La Germania nazista domina incontrastata sull’Europa, primeggiando sulle altre nazioni per ricchezza, prosperità, sviluppo industriale e tecnologico.
L’organizzazione economica del continente europeo segue la brillante visione di Walther Funk, ministro dell’economia e governatore della Banca Centrale del Reich.
La Germania svolge il ruolo di “paese d’ordine”, razionalizzando l’intera economia del Vecchio Continente. Tutto ruota intorno all’economia tedesca, a forte trazione industriale.
La Francia è in posizione nettamente subordinata a quella mentre i paesi del Sud (Italia, Spagna, Grecia) e dell’Est (Bulgaria, Romania) sono essenzialmente de-industrializzati e votati all’agricoltura e al terziario. Rifornendo le grandi industrie tedesche di operai specializzati e manodopera a basso costo.
L’intero apparato produttivo europeo
quindi, è messo interamente al servizio della Germania nazista. Funzionale a reggere il progetto imperialista del Terzo Reich.
Un progetto grandioso che però, per funzionare, ha avuto bisogno di imporre mutamenti profondi e radicali all’intera Europa.
Dapprima c’è stata l’imposizione di un regime di cambi fissi tra le valute nazionali e la contestuale creazione di un’area economica di libero scambio fra i paesi sottoposti all’influenza del Reich. Poi l’avvicinamento e la progressiva uniformazione delle normative statali all’impianto giuridico tedesco.
Infine l’istituzione di una moneta comune non ancorata al sistema aureo e controllata di fatto dalla Banca Centrale con sede a Francoforte.
Nel complesso una condizione perfetta per l’economia tedesca – la più industrializzata del continente – che, grazie alla massiccia e costante esportazione di beni ad alto valore aggiunto, inizia letteralmente a volare.
Facendo accumulare alla Germania un surplus commerciale gigantesco.
L’altra faccia della medaglia di questo modello, però, sono i paesi periferici.
Questi, non potendo più svalutare la moneta – e non riuscendo a compensare il volume delle importazioni con il terziario e l’esportazione di prodotti agricoli – registrano squilibri sempre più significativi nelle loro bilance commerciali.
Ma l’economia imperiale – non più bellica ma orientata al tempo di pace – si regge sulle esportazioni e deve, quindi, continuare a esportare.
Il surplus accumulato dai grandi capitalisti tedeschi, quindi, viene investito in attività finanziarie. Funzionali a prestare vagonate di soldi ai paesi del Sud e dell’Est, con la sola finalità di farli continuare ad acquistare beni prodotti in Germania. Gli stessi che quei paesi non sono più da tempo in grado di produrre.
Il risultato è un sistema molto squilibrato
a favore del centro e fortemente precario nelle periferie.
I governi degli Stati fantoccio, per evitare di far saltare per aria l’intero sistema, sono così chiamati alla applicare rigide politiche di disciplina interna. Le così dette “riforme”.
Aumento delle tasse e taglio della spesa pubblica (sanità, istruzione, infrastrutture, trasporti, welfare ecc) sono funzionali a comprimere il reddito dei cittadini e quindi ridurre i consumi. Cioè le importazioni.
La costante compressione salariale, la disoccupazione e il dumping cercano, invece, di realizzare violente politiche di svalutazione interna. Per compensare l’impossibilità di aggiustamento valutario e migliorare le esportazioni.
Tutto questo, però, genera una spirale funesta ed effetti disastrosi sul piano economico e sociale.
Le popolazioni dei paesi periferici si impoveriscono sempre di più
I risparmi vengono erosi sistematicamente, i consumi sono in costante picchiata, il valore degli immobili crolla. La classe media inizia lentamente a scomparire, insieme alle piccole e medie imprese incapaci di competere – in termini di innovazione ed investimenti – con quelle delle aree più ricche e sviluppate. La disoccupazione diventa un’enorme, drammatica ed irrisolvibile realtà.
I giovani iniziano un ininterrotto processo di emigrazione verso il ricco Nord, in cerca di prospettive economiche e lavorative più dignitose. Le colonie del Sud e dell’Est, impossibilitate ad attuare politiche di crescita e sviluppo, si spopolano sempre più. Condannando i cittadini di nazioni un tempo prospere e benestanti a un futuro di austerità, deflazione e disoccupazione perpetua. Miseria, denatalità, assenza strutturale di qualunque prospettiva.
Ma questa è soltanto una storia.
Grazie al cielo nella realtà le cose sono andate molto diversamente. La Germania nazista è stata sconfitta e questo scenario, terribile e distopico, è stato scongiurato.
Se così non fosse sono certo che i giovani partigiani d’oggi – coloro che celebrano la Resistenza di ieri – saprebbero da che parte stare.
Altrimenti quel sacrificio per la libertà, la democrazia e l’indipendenza dei popoli europei sarebbe stato vano.
Oppure no?
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