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Come si confezionano bufale: Lusi e i 49 milioni

L'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi

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La confisca dei beni subita dall’ex tesoriere della Margherita, offre lo spunto per ricordare come casi analoghi possano ricevere trattamenti inspiegabilmente diversi. Tanto dai media, quanto dai giudici.

 

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare recentemente, le vicende processuali stanno giocando un ruolo da protagonista nell’attuale dibattito politico, spostando l’epicentro dell’attenzione mediatica dalle aule parlamentari a quelle dei tribunali. Non che ci sia alcunché di anomalo se si considera la portata degli eventi accaduti nell’arco della medesima giornata: da una parte, la Giunta per le immunità del Senato è stata chiamata ad esprimersi sulla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’interno, mentre dall’altra i genitori di un ex premier sono stati sottoposti agli arresti domiciliari.

Ciò che invece stupisce, è che i suddetti fatti di cronaca – di incontestabile interesse – abbiano, quasi completamente, oscurato l’epilogo di uno dei più eclatanti casi di malversazione visti all’interno dell’universo politico dalla fine di tangentopoli: quello riguardante Luigi Lusi.

 

Un epilogo silenzioso

Poco meno di una settimana fa, il comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma ha effettuato la confisca di quote sociali, immobili e conti correnti, per un valore complessivo di 9,2 milioni di euro. In questo modo, anche per ciò che concerne l’aspetto patrimoniale, si sono concluse le peripezie giudiziarie dell’ex tesoriere della Margherita, già condannato in via definitiva per appropriazione indebita nel 2017.

Un finale non del tutto passato inosservato, ma che non ha nemmeno destato le attenzioni che ci si poteva ragionevolmente attendere, sia per l’entità della confisca, sia per la rilevanza del ruolo ricoperto da Lusi. Una risonanza moderata, per intenderci. Un temperamento che, probabilmente, affonda le sue ragioni in una scelta ben precisa: quella di non conferire visibilità ad un episodio che potrebbe, a sua volta, condurre alla revisione di una vicenda molto simile.

 

I 49 milioni “rubati”

Umberto Bossi assieme al suo ex tesoriere Francesco Belsito

Osservando le dichiarazioni degli esponenti dell’opposizione, le argomentazioni di alcuni opinionisti da talk show ed i tormentoni dei social, si può evincere come i media abbiano prodotto una convinzione popolare fondata su un’agghiacciante inesattezza: la Lega ha rubato 49 milioni di euro. Un fatto del tutto falso, ma ormai ampiamente cristallizzato nella cultura di massa, alla stregua della nascita di Cristo il 25 Dicembre. Ebbene, proprio la confisca subita dalla famiglia Lusi, in virtù dell’evidente analogia tra i due eventi, offre lo spunto per una rapida ricostruzione e per l’evidenziazione di un’incomprensibile disparità di trattamento.

L’ex tesoriere della Lega Belsito (con la complicità del connivente Bossi) infatti, così come il suo collega della Margherita, ha senza dubbio sottratto indebitamente dei fondi destinati al suo partito, ma con delle sostanziali differenze che sembrano non essere conosciute.

 

Due doverose precisazioni

Il vicepremier Matteo Salvini

La prima concerne l’entità del maltolto, che nel  caso del Carroccio ammonta approssimativamente a 3/4 milioni. I restanti 45/46 che il partito è chiamato a restituire e che il popolo è convinto facciano parte della refurtiva incriminata, in realtà sono i soldi spesi – in maniera lecita e documentata – dalla Lega ed ottenuti (così come quelli di cui si è appropriato Belsito) attraverso i finanziamenti derivanti dai rimborsi elettorali; finanziamenti che i giudici hanno ritenuto di dover invalidare tout court, per via della sottrazione del suo tesoriere, ordinando la restituzione dell’intera somma al partito guidato da Matteo Salvini. Ergo, i 49 Milioni di euro “rubati” rappresentano una bufala a cielo aperto, di fronte alla quale, tuttavia, i compulsivi cacciatori di fake news non sembrano essersi stracciati le vesti. Anzi, in alcuni casi, ci hanno messo del loro per alimentare una narrazione distorta e fraudolenta.

Il secondo elemento di dissonanza tra i due casi invece, è di natura prettamente giudiziaria. Visto il presupposto comune, ossia il comportamento di un tesoriere disonesto che integra il reato di appropriazione indebita, non si capisce per quale motivo la Lega sia stata chiamata alla restituzione della somma (che non corrisponde nemmeno all’entità della sottrazione individuale), mentre la Margherita, al contrario, sia stata ritenuta dai giudici parte lesa: una decisione che comporta la restituzione della cifra ghermita (27 milioni) non allo stato, bensì alle casse del partito.

In sostanza, un tipico caso di “due pesi, due misure”, al termine del quale un soggetto riceve un – legittimo – trattamento da vittima ed un altro  viene giudicato al pari di un complice lestofante. Tutto sommato, meglio relegare le pene di Lusi in secondo piano; non sia mai che questo possa riaprire vecchie ferite, dimostrare che anche le testate “qualificate” confezionano bufale di livello sublime e che i giudici, talvolta, riservano trattamenti clamorosamente disomogenei.

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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