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Il gender gap: la battaglia della borghesia rosa e privilegiata

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Si incontrano spesso donne recriminare per una forte discriminazione di genere nel mondo del lavoro. Ma se il gender gap di cui parlano non fosse altro che l’ennesima crociata condotta da femministe fanatiche (ben introdotte e ben retribuite), prive di interesse per le statistiche scomode alla causa?

di Giuseppe Masala

Mordermi la lingua ogni volta che sento la locuzione “gender gap” che sta ad indicare la leggenda secondo la quale le donne sarebbero discriminate nel mondo del lavoro sia a livello di paga sia a livello di occupazione.
Dimenticandosi di dire che le donne vanno cinque anni prima in pensione, che è salario differito (il fatto che le donne prendano meno a parità di mansione è un falso assoluto), quindi semmai prendono di più e non di meno rispetto ad un maschio.
E per quanto riguarda i posti di lavoro è certamente vero che le donne lavorano di meno, ma sono ampia maggioranza nei posti di lavoro “comodi” come nella PA, oppure in Magistratura, oppure nella Scuola, mentre gli uomini lavorano di più perchè accettano i lavori sporchi.
Quelli dove perdi la salute se non direttamente la vita e i dati dell’Inail sui morti e invalidi sul lavoro per sesso sono lì a dimostrarlo con un bel 91% di vittime di sesso maschile. Cioè queste si mangiano il filetto e mentre se lo sbranano addittano il maschio che si rosicchia l’osso: miserabili.
Ma mentre mi mordo la lingua per non rispondere, poi penso che le signore che fanno questi discorsi della stessa materia organica di cui sono composte, sono tutte donne borghesi e laureate (peraltro sempre strafavorite all’università, in quanto donne).
Mentre alle donne proletarie – quelle che lavano le scale, che puliscono il culo agli anziani invalidi e che fanno molti altri lavori sacrificanti – discorsi del genere non passano nemmeno per l’anticamera del cervello. E allora si capisce bene, il problema non sono le donne, il problema è sic et simpliciter la mentalità borghese e piccolo borghese.
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