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Tutti i problemi di Roma sono legati ai vincoli dell’Unione europea

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Attese lunghissime per qualsiasi pratica, strade che si allagano a ogni grande precipitazione, marciapiedi sommersi dai rifiuti, vegetazione selvaggia che invade la città.

di Gilberto Trombetta

Roma ha tanti problemi, ma una buona parte delle sue inefficienze dipende dalla mancanza di lavoratori e di investimenti.
Il “merito” è da attribuire – oltre alla disastrosa gestione da parte delle ultime amministrazioni – ai vincoli imposti dall’Unione Europea, come il pareggio di bilancio e il Patto di stabilità e crescita, che hanno trasformato gli amministratori locali in curatori fallimentari.

Roma è grande quanto le altre 9 città più grandi d’Italia. Tutte insieme.

Ha una complessità gestionale dovuta alle sue dimensioni e al numero di residenti unica in Italia.

Eppure ha un rapporto di dipendenti comunali

rispetto alla popolazione tra i più bassi d’Italia: 8,3 ogni 1.000 abitanti rispetto ai 10,8 di Venezia, ai 10,7 di Torino e ai 10,5 di Milano.

Solo rispetto al capoluogo lombardo, mancano infatti circa 8.000 dipendenti.
Un problema che si protrae da anni. Eppure, solo tra il 2009 e il 2019, il numero di dipendenti è stato tagliato di quasi il 10%. È stato cioè tagliato 1 dipendente ogni 10.

Aumentando il gap con gli altri grandi Comuni italiani che già era molto ampio.

Andando a vedere la situazione a livello Municipale

il quadro è ancora più drammatico. Il VI Municipio, che è grande all’incirca come l’intero Comune di Torino, ha appena 2,9 dipendenti ogni 1.000 abitanti rispetto ai 10,7 del capoluogo piemontese.

Con i suoi 44 milioni di metri quadri di aree verdi e 330mila alberi, Roma è la città più verde d’Europa. Negli anni 80 il Servizio Giardini era un vanto internazionale e contava circa 2.000 giardinieri in servizio contro i circa 300 attuali.

Vuol dire che alla Capitale mancano almeno 1.500 giardinieri

Stesso discorso, dati alla mano, si può fare per la raccolta dei rifiuti: mancano almeno 1.000 operatori ecologici.
E no, dispiace, ma gli allagamenti delle strade di Roma non hanno nulla a che vedere con i cambiamenti climatici. Le “bombe d’acqua” ci sono sempre state.

Hanno a che vedere con i tombini intasati, hanno a che vedere con il sistema fognario non manutenuto, hanno a che vedere con i 700 chilometri di vie d’acqua tributarie del Tevere e dell’Aniene (canali, fossi, sistemi di scolo) che sono scomparse o ostruite a causa dello sversamento dei rifiuti e della vegetazione spontanea.

Dipende cioè dalla mancata manutenzione causata prevalentemente dalla strutturale carenza di organico dei servizi competenti.

Eppure di assunzioni non parla nessuno. I servizi vengono appaltati esternamente per comprimere i costi.

Ma i costi restano gli stessi mentre il servizio reso ai cittadini peggiora e si creano nuove sacche di lavoro precario e sottopagato.

Basti pensare che l’ultimo bando realizzato dall’attuale giunta c

osterà alle casse del Comune 60 milioni di euro solo per la cura del verde verticale dei prossimi 3 anni. Un costo di 20 milioni di euro l’anno.

Con la stessa cifra, o poco di più, si sarebbero potuti assumere 1.000 giardinieri al Servizio giardini. Con un salario dignitoso, con la tredicesima, con i contributi. Posti di lavoro stabili. A parità di costo. E garantendo un servizio migliore ai romani.

Perché il patto di stabilità impedisce soprattutto l’indebitamento per spesa corrente (mentre, seppur in minima misura, l’indebitamento per investimenti è ancora consentito). Che è poi quella necessaria per assumere.
Ma a parità di spesa niente impedisce di assumere anziché appaltare. Niente impedisce di distogliere la spesa da una voce all’altra.

È il caso per esempio dei 25 milioni di euro che il Comune di Roma spende ogni anno per affittare dai privati nonostante a Roma ci siano più di 150 edifici abbandonati di cui almeno un terzo di proprietà del Comune.

Per non parlare delle centinaia di milioni di euro che vengono sottratte ogni anno ai romani per pagare il debito di Roma e i suoi assurdi interessi.

Molti enti locali oggi

soprattutto i comuni, vedono ridotte le loro capacità di spesa a causa dei debiti pregressi.
Ma i debiti di tutti i Comuni italiani non raggiungono i 40 miliardi di euro. In tutto. Una goccia nel mare rispetto ai circa 2.700 miliardi di euro di debito pubblico: meno dell’1,5%.

La cosa più logica sarebbe trasferire definitivamente i debiti di tutti gli enti locali allo Stato (non ai cittadini, come qualcuno racconta) di modo da liberare preziosissime risorse.

Solo a Roma si avrebbero più di 200 milioni di euro l’anno in più.

Il vero furto alle generazioni future è la mancanza di lavoro, di salari dignitosi e di servizi ai cittadini.

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