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Stupro della disabile: per “La Stampa” la protesta è stata un flop. Tutt’altro

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Un corsivo stolido che non rende giustizia ai fatti ed alla verità. La manifestazione civile ha dato finalmente voce alla rabbia dei cittadini, in un luogo che il sindaco Fassino ha voluto blindare esageratamente.

La Stampa di Torino è da sempre conosciuta bonariamente come la Busiarda: come è normale che sia, sempre attenta a non scontentare il suo editore, mai sbilanciata contro la casa automobilistica che per un secolo ha governato, de facto, la città. Oggi però, nei tempi in cui tale quotidiano viene insidiato, in termini di vendite da un altro, più nazional-popolare e che costa meno della metà, essa si schiera a sinistra in un modo un po’ troppo netto per essere ancora tollerabile.

Il gruppo di potere che ha messo le radici al Comune e che, con alterne fortune, ha guidato anche la regione Piemonte, è frutto sopratutto della mancanza di un’alternativa, ma ormai è fortemente insidiato da Lega, Fd’I e Cinque stelle. La Stampa, però, si schiera spesso e volentieri con chi è saldamente ancorato alla guida del capoluogo subalpino. La vicenda, che deve valere come esempio a suffragio di quanto sopra, è questo articolo di Federico Genta, nel quale si definisce un flop una manifestazione partecipata, sentita, non funestata nemmeno dalle condizioni metereologiche proibitive. Si tratta della manifestazione di protesta di venerdì sera organizzata da Fratelli d’Italia, con in testa, capo scoperto e megafono, nonostante la pioggia torrenziale, il solito Maurizio Marrone.

Non si tratta, come si vuole far trasparire (anche su altre testate), di un corteucolo di cinquanta esagitati guidati dall’estrema destra. Si tratta di un corteo in cui padri di famiglia, bambini, e la cittadinanza locale stremata hanno partecipato unendosi ai cori dei manifestanti più politicizzati, ma che non appartengono ad alcuna frangia estremista. La civiltà di un popolo si misura dalla sua voglia di reagire alle tragedie, ed ecco che abbiamo potuto constatare lo svolgersi di una sfilata pulita e ordinata, con ombrelli e fiaccole, con voglia di far sentire la voce, altrimenti strozzata, di chi è costretto a vivere nei pressi delle palazzine dell’ex Moi, da un paio d’anni occupate dai profughi.

«Per i profughi a Torino tutti a casa di Fassino», è stato uno dei più ripetuti slogan della manifestazione. La rabbia si è anche indirizzata verso il primo cittadino, il quale è colpevole di vivere in un mondo fiabesco e di non rendersi conto che la millantata Torino di cui parlano lui ed il suo collega Chiamparino, fulcro dell’integrazione e del progressismo, è invero una realtà precaria, dove le classi sociali abbienti e radical chic vivono austere sulle colline o nei palazzi del centro, mentre la cittadinanza che li ha sostenuti, è straniera a casa sua. Una cittadinanza che a causa di un’assenza di opposizione salda ancora in parte sostiene il gruppo di potere. Eppure una parte di questa cittadinanza è quella che era a manifestare venerdì con Marrone e co., cittadinanza che deve convivere tutti i giorni con una immigrazione massiccia che si concentra nelle zone periferiche della città. 

L’episodio, del quale fummo tra i primi a parlare, ha suscitato uno scalpore mediatico che ha travalicato i confini regionali, ma per l’inetta politica comunale e governativa ogni protesta, opposizione dura e sdegno sono soltanto “soffiare sulla paura della gente” (Renzi), cavalcare quindi con retorica ogni episodio del genere. Il vero problema, per i nostri governanti, non è che tali episodi si verifichino con una frequenza impressionante (tra macheti e decapitazioni all’ordine del giorno), ma che ci siano degli elementi che cavalcano l’indignazione per un consenso elettorale. Ognuno ha le sue priorità nel rispondere alle emergenze, c’è chi dà voce alla popolazione, c’è chi si indigna per l’esistenza di un’opposizione.

Fassino aveva annunciato un presidio permanente delle forze dell’ordine, a seguito della violenza dei clandestini, per difendere le centinaia di profughi accampati nella palazzina incriminata.
Per smentire l’immagine fiabesca del primo cittadino di Torino, è invece noto come le periferie della città vivano nel degrado e non è la prima, né la millesima volta che situazioni esplosive sono prese sottogamba, e quindi tollerate, dalla giunta Fassino. La fiaccolata ha attraversato le vie del quartiere Lingotto per poi fare ritorno in piazza Galimberti, da dove era partita. I manifestanti hanno scandito l’inno nazionale e acceso fumogeni dei colori della bandiera italiana. Il cordone di forze dell’ordine, decisamente sproporzionato rispetto al corteo, comunque più nutrito di come Genta vuole far credere sulle colonne della busiarda, ha evitato che i manifestanti si avvicinassero alle confortevoli abitazioni dei profughi. Non potevano mancare i centri sociali, in difesa dei clandestini che abitano le palazzine dell’ex Moi. 
Per ora il giudice Luisa Ferracane, bontà sua, si è riservata la decisione di mantenere i tre, un ghanese, un somalo e un nigeriano, in carcere. Avendo contezza del sistema penale italiano, tuttavia, ci aspettiamo che vengano presto riaccolti fra le braccia dei coinquilini.

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Di Redazione Elzeviro.eu

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