Il caso Uber sta continuando a creare solo altri disordini: i tassisti da un lato e gli “abusivi” dall’altro. Non riusciamo a capire perché non si dia una definitiva stretta a questa situazione.
Come già detto in precedenza, anche su questo sito, non è possibile attivare questa applicazione in Italia. Oltre alle difficoltà normative già esistenti: si parla di sicurezza, sulle auto private la normale RCA non coprirebbe il rischi di terzi trasportati, e soprattutto non si può ridurre una categoria come i tassisti alla fame per favorire, come al solito, una multinazionale (con sede in California) che ignora e forse infrange le leggi nazionali.
Chiediamo con forza una posizione netta da parte delle autorità competenti, finora scialbe come in quel di Torino (sede dell’ultima manifestazione di protesta dei taxi), oltre ad una campagna informativa per rendere edotto sui rischi chiunque voglia intraprendere questa avventura con Uber, sia come cliente, sia come “driver”.
Luigi Cortese, alternativa tricolore