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L’incredibile distrazione della giunta comunale di Torino

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Nel novembre del 1989, come sappiamo tutti, compreso un bambino di terza elementare, è caduto il muro di Berlino che fino a quel momento aveva isolato le nazioni appartenenti al blocco sovietico dal resto dell’Europa libera e democratica.

Con l’avvento della glasnost, nel 1991, seguiva l’incredibile sbriciolamento dell’Unione Sovietica, dalle cui ceneri sarebbe sorta la novella e libera Russia moderna.

 

Un trapasso questo che ha segnato la fine del comunismo, ovvero di un incubo durato quasi un secolo: un incubo fatto di atrocità, di abusi, di falsità ideologiche, di violenza fisica e morale e di tutto quello che ha a che fare con la dissoluzione della civiltà umana. Quello che, ripetiamo fino alla nausea, sanno pure gli scolari delle scuole elementari è che la fine dell’ideologia marxista e del suo triste esperimento sotto la forma del cosiddetto socialismo reale, è stata voluta da un moto spontaneo di popolo. Quello stesso popolo che agli inizi del secolo si era fatto plagiare e manomettere le coscienze dall’utopia dell’idolatria leninista e bolscevica.

 Al pari del nazismo, che, volenti o nolenti, sempre al socialismo si rifà ideologicamente, il comunismo ha rappresentato la drammatica e suicida risposta al bisogno elementare di sopravvivenza degli strati più poveri della popolazione mondiale. Un bisogno che furbescamente è stato sfruttato e continua ad essere sfruttato ancora in alcuni stati tra cui primeggiano la Cina, il Vietnam, Cuba e la Corea del Nord. Tutto questo perché un’elite militare e ideologica arrogante e violenta potesse spodestare il popolo stesso dalle sue prerogative, dandosi in questo modo la necessaria copertura ideologica e giustificazione per esercitare la più bieca forma di totalitarismo e di dittatura che si ricordi nella storia dell’uomo.

 Ebbene, di tutto questo incredibilmente la Giunta Comunale di Torino, in persona del suo attuale sindaco, Piero Fassino e la Giunta precedente del suo degno compagno di partito, Sergio Chiamparino, sembrano essersi incredibilmente dimenticate. Per entrambe infatti sembra che la storia si sia fermata a quel 1991, che l’attuale Repubblica Russa continui ad ammantarsi del titolo di Unione Sovietica, titolo la cui fine, ripetiamo, è stata decretata a furor di popolo più di venti anni fa. E sì perché se guardiamo alla toponomastica delle vie e dei corsi cittadini, incredibile dictu, esiste ancora corso Unione Sovietica! Una distrazione questa che ci sembra alquanto sospetta, troppo sospetta per essere libera da inquietanti incrostazioni ideologico politiche.

 Ora sappiamo che i nomi delle vie cittadine vengono decisi negli uffici urbanistici del comune ovviamente su indicazione, spesso interessata e purtroppo anche politicizzata, delle stesse amministrazioni comunali. Dovrebbero di solito essere scelti nomi geografici o di personaggi famosi che hanno contribuito a costruire la storia nazionale e internazionale. Un tributo questo per ricordare valori condivisi e onorare la memoria di chi ha contribuito allo sviluppo della civiltà e del progresso sociale.

 Orbene, alla luce di queste osservazioni, se non era accettabile neanche sessant’anni fa riconoscere e onorare una nazione in cui venivano calpestati i più elementari diritti umani e civili, lo è ancor meno adesso che sono passati la bellezza di ventuno anni e che quella stessa nazione ha cambiato non solo il suo nome ma anche il suo volto. Quello stesso corso dovrebbe ora appellarsi corso Russia, anche per onorare il diritto e la dignità di un popolo che è riuscito, tra l’altro in modo pacifico, a liberarsi dal peso di una quasi secolare forma di moderna tirannide. Questa modifica, ora urgente e non più rinviabile, avrebbe dovuto essere decisa nello stesso anno in cui l’Unione Sovietica si sbriciolò. E invece niente, nulla è stato fatto: evidentemente le amministrazioni comunali che si sono succedute nella città sabauda hanno forse sperato fino all’ultimo che quello stesso nome potesse tornare prima o poi in auge…o semplicemente hanno voluto continuare a onorare un passato da cui non riescono, a differenza del popolo russo, proprio a liberarsi…

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Di Roberto Crudelini

Nato nel 1957. Laureato in Giurisprudenza, ha collaborato con Radio Blu Sat 2000 come autore e sceneggiatore dei Giornali Radio Storici, ha pubblicato "Figli di una lupa minore" con Rubettino, "Veni, vidi, vici" e "Buona notte ai senatori" con Europa Edizioni e "Dai fasti dell' impero all'impero nefasto" con CET: Casa Editrice Torinese. Collabora con Elzeviro.eu fin dalla sua fondazione, nel 2011.

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