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Il Capitale dà agli antifascisti i rottami di Casapound come bersaglio

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Naturalmente nessuno dovrebbe dimenticare che il 25 aprile è una data partigiana, scelta per celebrare i vincitori, senza troppo rispetto per i vinti. Nell’ambito di una festa che celebra guerriglieri e attentatori, spesso pavidi, alcune volte eroici. Ma che, storicamente, non sono liberatori, perché chi ha liberato de facto furono afroamericani, algerini e marocchini (ricordate, le marocchinate?), insomma, quelli mandate nelle prime file da USA, scampoli di Francia coloniale ecc.
Esattamente come nelle fila dei repubblicani v’erano pavidi leccaculo del sistema, ed impavidi eroi che credevano nella continuità ideale, ma la storia, e il calendario lo fanno i vincitori, o, come in questo caso, i loro alleati, ancorché dell’ultim’ora. E sì, perché non tutti sono saliti in montagna nel 1943. Molti nel ’44. Alcuni nel ’45.

Ormai non ha nemmeno più senso pensare che forse si dovrebbe spostare questa data, che ormai non divide più gli italiani, ma (non foss’altro perché) produce un giorno di vacanza sul calendario, porta con sé una non certo insopportabile, ma ormai francamente semicomica, incetta di retorica sulla stampa mainstream.

Interessante, ancora una volta, il punto di vista di del prof. Desogus, in merito. [ndR]

Essere antifascisti

di Paolo Desogus
Inutile farsi illusioni. Da tempo il 25 aprile si è trasformato in qualche cosa che attiene più all’estetica che alla politica. I suoi simboli servono più a segnalare una postura che una prassi. Anche il suo carattere contrastivo ha come bersaglio non la sostanza del fascismo, ma le sue apparenze, al punto che indigna di più una manifestazione Casapound che un memorandum della Troika, che a tutt’oggi è l’unica entità politica che ha il reale potere di sospendere la democrazia e lo stato di diritto, come avvenuto in Grecia e in Italia in tempi recenti.
Naturalmente non è sempre così. Sopravvive ancora un antifascismo etico-politico. Ci sono numerosissimi controesempi. Che nel complesso sono però marginali. Domina la tendenza che svuota di valore l’antifascismo. Il vertice di questo processo è stato toccato alcuni anni fa con la devastante mistificazione renziana della festa del 25 aprile. Andatevi a cercare le foto dei manifestanti di Milano. C’è ancora da inorridire.
La ragione della riduzione estetica del 25 aprile credo sia da ricercare nella scissione di antifascismo e anticapitalismo. Sia chiaro, non dico che l’antifascismo debba essere solo anticapitalista. Dico che non può non esserlo completamente. Si è infatti smarrita la consapevolezza che l’affermazione del fascismo in Italia è dovuta alla reazione del capitale contro il movimento operaio e contro le spinte rivoluzionarie nate dopo la rivoluzione d’Ottobre. Il fascismo del ’19 non avrebbe mai avuto alcuna possibilità di andare al potere se non si fosse rapidamente trasformato nel fascismo garante degli interessi del capitale nel corso del biennio rosso.

Oggi le forze dispotiche del capitale non hanno bisogno di allearsi con gli eredi del fascismo.

Non hanno bisogno di un braccio armato. Dispongono di altri strumenti, ben più potenti e sofisticati. Tra questi rientra anche l’operazione di tenere in vita i rottami del fascismo storico, come Casapound e altre formazioni, per dare agli antifascisti di oggi un falso bersaglio contro cui scagliarsi.
Essere antifascisti oggi dovrebbe allora essere il tentativo di riposizionare la sfida politica contro chi realmente minaccia la nostra democrazia, contro chi esautora il parlamento ed interferisce nella cosa pubblica attraverso metodi informali, ma anche formali.
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