Quello che Andreotti non ha lasciato ai posteri

Del politico più famoso al mondo, rimarrà il suo pragmatismo unito all’ironia, il cinismo delle sue battute, la calma serafica che lo contraddistingueva anche nei momenti di estrema difficoltà.

Avrebbe dovuto invece lasciare una “scuola” affinchè i giovani, desiderosi di far politica, imparassero come si fa. “L’arte del possibile“(come la chiamava Giovanni Agnelli) non è una cosa semplice, sennò la farebbero tutti, salvo poi scivolare subito sulla prima buccia di banana.

Soprattutto non si può pretendere di farla “via web” anche se stiamo vivendo nell’era dei computers, perchè occorre, per prima cosa, “essere vicini” all’elettorato, per accudirlo, avere la capacità di fargli digerire rospi non da poco, innaffiarlo ogni giorno come una piantina coltivata in un vaso.

Non tutti, per attitudini caratteriali, sono adatti a sopportarne la lentezza, l’asprezza dei confronti, la prassi burocratica da seguire, la durezza degli scontri senza esclusioni di colpi che avvengono ogni giorno nella cosiddetta “democrazia“. La politica è una vocazione che si deve “sentire” da dentro e che più delle volte diventa una malattia dalla quale non si può e non si vuole guarire, sia che si chiami “sete di potere” o spirito di servizio.

Chi troppo in alto sale, se cade fa un botto tremendo, da cui è difficile rialzarsi. Solo “i grandi” ce la fanno, ed Andreotti, santo o Belzebù (secondo i sostenitori o i detrattori) è stato uno di questi. Nel bene o nel male, ha scritto di suo pugno 60 anni di pagine della storia della nostra Repubblica.

I politici di oggi, per abilità e diplomazia, sono lontani da lui anni luce. E’ bene ricordare che sull’Europa aveva semplicemente detto: l’Italia non è ancora unita del tutto , malgrado siano passati 150 anni.

Temo che per l’Europa ci vorrà ancora molto tempo.

Giuseppe Franchi, N.A.A