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Il pensiero debole di Gianni Vattimo e…di chi la pensa ancora come lui

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Giovedì sera la giornalista Lilli Gruber ha ospitato all’interno della sua trasmissione serale su La Sette “8emezzo” il Professor Gianni Vattimo e, grazie al cielo, in collegamento con lo studio, Alessandro Sallusti, direttore del Giornale. Diciamo “per fortuna” perché se non ci fosse stato il buon Sallusti, il professore filosofo si sarebbe potuto scatenare in una magnifica crociata contro le forze del male rappresentate, manco a dirlo, dalle “tenebrose” schiere del CavaliereneroBerlusconi, principio e fine, sempre secondo “sua eminenza“, di ogni male.

E sì perché il nostro esimio professore, sperando e forse anche pensando di avere lo studio a sua completa disposizione, ha esordito, chiamando non senza una nota di profondo disprezzo, governo di destra, il futuro esecutivo di Enrico Letta. E’ ovvio che il nostro professore, ultimo baluardo dell‘ideologia marxista leninista, non poteva non considerare il presidente incaricato come un ultimo rigurgito della reazione clerical fascista contro cui, lui Vattimo, ultimo “rappresentante delle forze del bene” su questa terra piena di peccatori, combatte con la ferocia di chi pensa di essere depositario della verità assoluta. Verità assoluta, è il caso di ricordare, rappresentata, nella sua mente che non ammette dubbi, dall’ideologia comunista.

 Al professore, beninteso, del bene comune di uno stato ridotto alla paralisi e bisognoso di un esecutivo che salvi il paese dalla catastrofe interessa molto poco, preso com’è dalla solita visione ultra manichea, tipica di un certo intellettualismo “rosso pomodoro” che necessita sempre e comunque di un oggetto contro cui scatenare il proprio odio di classe. Bene ha fatto secondo noi Sallusti a ricordargli che forse la filosofia hegeliana e marxiana ha contribuito a fruttargli e gli frutta tutt’ora uno stipendio mensile che la classe operaia, di cui continua a farsi paladino, neanche si sogna lontanamente di avere.

E altrettanto bene ha fatto a invitarlo ad andare a vivere in uno degli ultimi baluardi di quel comunismo a lui tanto caro, ovvero la Corea del Nord, invito che, presumiamo, andrà ineluttabilmente disatteso. Su una cosa però ci sentiamo di dissentire con l’amico Sallusti, sul fatto che il buon Vattimo sia uno degli ultimi rappresentanti di quel materialismo storico che molti danni ha fatto in particolare nel nostro paese. E sì perché se facciamo un’analisi sul nucleo storico dello stesso PD, quello tanto per intenderci, che guarda con orrore alla cooperazione con il nemico giurato, rappresentato dalla parte moderata e liberista del paese, scopriremo che di simpatizzanti dell’ideologia comunista ce ne sono ancora molti non solo all’interno delle fabbriche e del mondo del lavoro ma soprattutto nelle fila degli intellettuali snob di certa borghesia molto benestante che, per bieco opportunismo intellettuale, si dichiara filo marxista e (sic!) contro lo sfruttamento delle classi indigenti del paese.

Ma di questo non dobbiamo stupirci poi più di tanto, le forze dell’ultra sinistra dal portafoglio pieno ma dal bagaglio di valori miseramente e tristemente vuoto, dopo aver assaporato a cavallo degli anni settanta-ottanta, la prospettiva gloriosa di instaurare anche in Italia la rivoluzione del proletariato, si sono visti scalzare all’improvviso e drammaticamente dalla scena politica. In primis grazie alla caduta del muro di Berlino e alla successiva e fragorosa caduta del comunismo mondiale, in secundis in seguito all’entrata in politica di un individuo, Berlusconi, capace, di questo bisogna dargli atto, di parlare in modo chiaro e netto del Comunismo mondiale come di un pericolo ideologico ancora presente in Italia e che rappresentava ancora una minaccia reale per il nostro paese.

Una visione per carità anche questa macchiata da un certo manicheismo di fondo, ma almeno storicamente arrivata al momento giusto per impedire che il nostro paese finisse col diventare l‘ultima enclave rossa dell’Europa. L’improvviso e non previsto piombare sulla scena politica del paese, all’inizio degli anni novanta, di un anticomunista in carne ed ossa che aveva l’ardire di dichiararsi tale e diceva contro l’ideologia comunista quello che nessuno tra i partiti moderati aveva fino allora osato neppure sussurrare, ha spiazzato e reso rabbiosi proprio coloro che forti della dittatura ideologica instaurata in Italia, già pensavano di avere in mano i centri del potere.

E per centri del potere intendiamo: la cultura, la scuola, i mezzi di informazione e quant’altro sarebbe servito a rendere il nostro paese docile e maturo per una educazione di massa ovvero per un lavaggio collettivo, lento ma inesorabile dei nostri cervelli. Non vi stupite, gli apostoli e i rappresentanti dell’ideologia comunista così si comportano e così hanno sempre operato per rendere il terreno fertile al successivo e auspicato raggiungimento del potere. Tutto questo oggi non è più possibile e nello stesso Partito Democratico è giunta l’ora del redde rationem finale ovvero della resa dei conti tra chi guarda ad un’Italia libera e democratica e chi invece si fa ancora incantare, come il professor Vattimo, ora fortemente critico e avversario dello stesso Partito Democratico, dall’attraente canto delle sirene della più grande utopia del secolo scorso.

Compagni fatevene una ragione, il pensiero di Carlo Marx non è più di moda e con gli anni non solo si è indebolito ma ha finito per morire di morte naturale, sconfitto semplicemente dall’evoluzione della società moderna e dall’avvento di un pensiero molto più forte: quello dell’amore per la vita e per la libertà. 

di Roberto Crudelini

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Di Redazione Elzeviro.eu

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