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«La discutibile utilità sociale delle facoltà universitarie costruite totalmente sui pensieri umani (sul diritto in particolare)»

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L?ELZEVIRO
Sfoghi di uno studente frustrato che cerca rifugio nel “potere della penna”

Mi dispiace per mio padre, che si è preoccupato tanto, con la mamma, per darmi un?istruzione adeguata, per farmi studiare, che ha pagato fior fior di tasse per farmi andare all?università. Ma della laurea in giurisprudenza posso (potrei) personalmente fare a meno. Non ho ancora l?età per scendere a quei mille compromessi che mi vorrebbero chino a studiare cose di cui m?interezza poco (comunque più che alla maggior parte delle persone che studiano le medesime cose) e che hanno un?applicazione tutta diversa nei loro risvolti pratici. Compromessi che ineriscono in particolare quella che dopo quattro anni mi pare perlomeno una dubbia utilità del diritto contemporaneo, considerata pure l?asseverazione che i sistemi giuridici che sono seguiti a quelli dell?epoca fascista possono essere solo fallimentari, in ragione del fatto che di non fallimentari finora non se n?è ancora visti.

Il diritto dell?Unione europea è l?emblema di quanto sopra. Far studiare il diritto dell?Ue a mille menti che potrebbero fare mille cose più fruttuose è un?ingiustizia sociale feroce. Nulla di più vacuo, discutibile ed al contempo mutevole! Vogliamo parlare del diritto internazionale, poi? Gli ambasciatori ed i consoli, nella loro foggia di grandezza e nella loro inutilità, sono uno dei risvolti tragicomici della nostra società. I Notai! Istituzione feudale tanto solenne quanto ingiusta, proprio guardando all?essenza di essa: succhiare avidamente dal midollo dello Stato e della società. Leggere codici perfetti eliminati o asserviti a questo schifo di attuale applicazione del diritto sostanziale, ma perché? Perché dovrei continuare a farlo? Ho passato gli esami dei primi anni, sono a 3/5 del ciclo di studi, forse più, ma mi sono decisamente stufato. All?inizio, facendomi influenzare, ho studiato diritto romano e poi non ho nemmeno tentato di darlo, considerata la classica prassi del tenerselo per dopo, mutuata dalla paura diffusa che incute l?esame stesso? Considerata anche la fifa che mi prende prima degli esami, ho fatto in fretta a far mio anche questo (becero) condizionamento.

Poi ho cominciato a studiare seriamente per gli esami più difficili. Alla fine (IV anno), dopo essermi tolto molti brutti esamoni, mi sono reso conto che dopo più di tre mesi ancora non mi erano entrati in testa i larghi concetti penali del principio di legalità ed i vari articoli (specifici) sulla causalità ecc. Stesso discorso per le teorie e le storiche opinioni dei più grandi scrittori e giuristi del passato del diritto penale. Dopo aver studiato procedura civile, diritto commerciale, cose abbastanza noiose, mi risolverei alfine di mollare tutto e finire in mezzo ad una strada, tanto per voler essere catastrofisti. Ma piuttosto che vivacchiare tra i giuristi, ecco che preferisco voltare le spalle al diritto, e a tutte le sperequazioni, le ingiustizie, le confusioni e le insicurezze che si porta dietro. Sì, perché già nella vita trabocco di insicurezze, così tante che non vedo perché mi dovrei sorbire altri tomi di tecnicismi discutibili, nella loro utilità davvero dubbia. Sì, perché scrivere (per un giornale) non darà di certo la gloria di esercitare la professione di avvocato o di magistrato. Vi è un avvocato per ogni condominio, in media. Cos?è una penna, contro la forza di un difensore che tutela le sorti di un individuo, barcamenandosi in un sistema confuso come il nostro? Cos?è una penna di fronte alla potenza dell?arbitro, che decide delle sorti della gente pur travalicando la confusione insita del sistema (travalicando il sistema stesso)?

Ve lo dico io: la penna non conferisce il potere di decidere di queste grandiose questioni, ma lascia un potere che avvocati e magistrati hanno perso per il denaro, o per avere la potenza della decisione: hanno perso, costoro, la potenza del pensiero, della libertà pura del pensiero, che non si conforma a codice alcuno, che può vagare ed innalzarsi a vette vortiginose, e cadere e sprofondare, specchio fedele dell?animo umano, in abbiette considerazioni, truci pensieri e catastrofiche idee. E che ancora, può rialzarsi e che può cavalcare l?onda dell?indignazione e può schierarsi contro altri mille pensieri. Può persino, forse, affrancarsi dalle concezioni idealistiche che si hanno, emanciparsi dal nostro stesso Volksgeist, a favore di un?idea, di un amore o di una passione. Sarà un peccato per mio padre, che forse ravvisa in me un avvocato da quando sono giovane o infante? (…)

Però il problema è più ampio: all?inizio pensavo fosse quello di nutrire scarsa voglia per lo studio, di essere pigro e non avere attitudine per l?impegno che il libro pretende, oggi, dopo aver studiato (davvero), mi rendo conto che la questione verte sul poter fare a meno di un?istruzione, tecnicistica, che mi pare pure discutibile, e mi si dia del tronfio presuntuosetto, se voglio mettere in discussione l?utilità del nostro sistema: “me ne faccio un baffo”. Al di fuori di medicina ed ingegneria, penso non valga la pena di marcire sui libri per poter alla fine disporre di un sudato pezzo di carta o un?abilitazione da avvocato (ulteriore pezzo di carta). E dinanzi al tipico vociare: senza di un pezzo di carta non si va da nessuna parte: ma bene, vorrei restare qui, e scrivere di come sia foriero di inganni il possesso di un qualsiasi pezzo di carta! Ambasciatori ed avvocati, spettri di un sistema giuridico in cui anziché ragionare ti fanno studiare tomoni di norme e disposizioni. All?estero ridono facondamente dei nostri metodi vetusti, dall?alto dei loro sistemi d?istruzione che aiutano i giovani a pensare, o lo fanno comunque più che nel nostro sistema.

Nel mio vago e fatuo percorso d?istruzione, mi sono soprattutto auto-erudito, leggendo i libri che mi è parso di dover comprare, o quelli trovati negli scaffali di casa, e raramente sono stato nella condizione di non avere un romanzo iniziato, che fosse un thriller svedese o un ottocentesco D?Annunzio, un fantasy novecentesco o un bel Thackeray sotto mano. Non mi è entrato quasi niente in testa di filosofia, niente di matematica, (che bestia ignorante che sono!), almeno stando a quanto mi si è cercato di propagandare nel perdurare degli studi superiori od universitari. Al liceo ho appreso poco, soprattutto perché non studiavo. All?università invece il discorso è più approfondito, come da sopra.

Per tornare appunto all?università: sono intimamente dubbioso sull?esito degli esami. Voti dati spesso a caso, voti ricevuti a fortuna. Voti ricevuti in virtù di quell?unica facoltà di saper intortare il docente da parte dello pseudo-discente con quei pochi argomenti, muovendo molto (all?italiana) le mani ed i polsi. Tipico metodo comunicativo vezzeggiativo ed ignorante, proprio di chi sta unicamente muovendo l?aria e con le mani, e con le labbra. Quegli stessi argomenti che ho appreso anch?io (forse infatti non sono proprio un idiota), ma che non riesco a spiattellare a voce con la medesima scioltezza ed abilità di molti, e a loro tanto di cappello! M?incagliano difficoltà e blocchi sempre più alti, derivanti da insicurezza e paura, ma anche ma anche dal dubbio che tutto quello che stiamo facendo sia vano ed inutile come il diritto amministrativo parte seconda, dubbio acuitosi soprattutto negli ultimi esami.

Quando non sapevo niente di questo ultimo esame che sarebbe ora in ballo, mi sono ritirato. Oggi, che so di più, sento di non sapere davvero, avendo assaggiato come le mille teorie da sapere per potersi dire conoscitori della materia siano troppe. Ma le teorie da sapere per conoscere davvero la materia ben differiscono da quelle che bisogna patrocinare agevolmente per passare l?esame: queste sono poche e, benché la materia sia una, il libro su cui bisogna studiare è quello del professore, con le sue idee ben trasposte ed orientate. A questo punto davvero poco importa che io sia d?accordo, come in realtà è, con ciò che il professore stesso dice. E? proprio il sistema ad essere sbagliato. L?alternativa è studiare 20 ore, a memoria, il libro del prof., e diciamocelo, per quanto abbia io finora studiato tanto, e vi sono vari testimoni, non sono di certo il tipo da stare su un libro per 10 ore di seguito. Della mia esperienza universitaria mi è rimasto qualcosa sui contratti e sul diritto privato, perché l?ho tentato tre volte, per poi prendere finalmente un bel voto. Qualcosa sulla costituzione, leggendo un libro sì pieno di errori ortografici, da strapparsi i capelli.

Prendere un bel voto quindi apporta la grande soddisfazione. Melliflua, esattamente com?è mellifluo l?impartire lezioni e figure di tutte le discipline che non servono davvero a qualcosa, quelle discipline che sono al massimo sovrastrutture sociali sempre discutibili alla radice. Discutibile pure il fatto che se ne discuta! Dovremmo studiare istituzioni presuntuose, che si fregiano alle volte spocchiosamente di essere tanto più civili delle altre. Già solo per la differenza che vi è tra i diritti delle varie nazioni del mondo, come si ricava da diritto internazionale e dai sistemi giuridici comparati, abbiamo avuto modo, noi giovani studenti di giurisprudenza, di vedere insinuato nelle nostre coscienze (non tarlate dalle connivenze del tempo) il lecito dubbio che il diritto sia solo una grande macchina volta a far prevalere scientificamente (o meglio, tecnicamente) il diritto proprio su quello altrui.

Il funzionamento della società non si basa di certo su di una scienza che non è nemmeno una scienza, ma forse più un?arte, ad oggi affossata malamente dalla sua traduzione pratica, arte dove la sostanza di alcuni codici impeccabili è sovvertita dall?attitudine odierna di lasciare in mano i destini di rei ed innocenti a tecnici pieni di discrezionalità e della conseguente tronfiezza, che fanno dell?applicazione del diritto penale vanagloriosa applicazione personalistica. Come si fa a studiare il diritto avendo anche solo una vaga cognizione del sistema attuale? Non è certo come studiare le cure ad una malattia, o come fare i calcoli sulla costruzione di un ponte in cemento armato. Mi duole non disporre di una mente scientifica, soprattutto al momento, e mi sento di consigliare a tutti coloro i quali ne possiedano una, di orientarsi, per la scelta degli studi universitari, verso lidi il più scientifici possibile (mi sento di escludere matematica per la sua assurda astrattezza e le inesistenti applicazioni pratiche). Agli altri che come me si sono fatti abbindolare dal sistema, condoglianze?

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Di Redazione Elzeviro.eu

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