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Revisionismo: o tutto o niente. E comunque non sul suolo pubblico

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Il comune di Torino ha accordato la concessione di uno spazio pubblico ad Eric Gobetti, conferenziere noto per le sue posizioni revisioniste in materia di Foibe. Più che la reazione di Aliud e la controreazione dell’Anpi, è interessante notare come questo tema non sembri scindibile da ipocrisia e doppiopesismo.

 

Le redazioni che si occupano di cronaca cittadina hanno sempre avuto una funzione sociale ben distinta ed insindacabile: quella cioè di mettere a nudo la qualità del dibattito politico locale. O, per meglio dire, quella di certificare come la suddetta qualità non sia per nulla superiore a quella manifestata dal dibattito nazionale o internazionale. Sempre più vacuo e sempre più scevro di contenuti.

A tal proposito, calza a pennello la recente polemica che ha visto contrapposti il Comune di Torino e l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani da una parte e i ragazzi di Aliud dall’altra. L’oggetto del contendere riguarda la concessione di una sala circoscrizionale – la numero 3 – per l’evento organizzato dal centro sociale Gabrio. A dirla tutta, un evento abbastanza singolare fin dalla sua origine, vista la scarsa attinenza tra il tema apparentemente trattato (i massacri delle Foibe) ed il titolo della conferenza (Assemblea antifascista: incontro con lo storico Eric Gobetti).

La bagarre Aliud vs Anpi

L’organizzazione giovanile vicina a Fratelli d’Italia ha aspramente criticato la decisione dei dirigenti circoscrizionali, invitandoli a revocare quanto prima il provvedimento; unico modo, secondo i portavoce di Aliud, per non diventare complici di un rigurgito revisionista ed evitare così una mistificazione delle tragedie del secondo dopoguerra, occorse ai nostri connazionali sul fronte carsico. Nel caso la richiesta di cui sopra non dovesse essere accolta, hanno già annunciato una mobilitazione per sabotare l’evento, attraverso una massiccia adesione dei propri membri.

L’imparziale Eric Gobetti davanti alla tomba del boia dei suoi connazionali

Come da copione, non si è fatto attendere nemmeno l’intervento a gamba tesa dell’Anpi, sempre vigile nel denunciare l’impellente ritorno del fascismo (attività di monitoraggio imprescindibile, se non altro per giustificare le generose sovvenzioni statali percepite da un’associazione altrimenti anacronistica).  “Dobbiamo mobilitarci a sostegno di Gobetti, persona integerrima e qualificata”. Ecco, se sull’imparzialità di uno storico che si fa fotografare entusiasta sulla tomba di Tito ci potrebbe essere qualcosa da obiettare, più sfaccettato è il discorso sulla legittimità della conferenza.

Il paradosso visto da destra…

Questa vicenda per l’appunto, mette a nudo tutto il doppiopesismo che sottende alle posizioni sulla libertà di parola e di pensiero: proclami in difesa di questi ultimi quando sono conformi alla propria sensibilità ed oscurantismo repressivo nel momento in cui i contenuti non collimano con le proprie convinzioni. Un grande classico che accomuna entrambe le fazioni, ma con alcune doverose precisazioni. Da una parte e dall’altra.

Un primo motivo di stupore infatti, è dato in particolar modo dall’intransigenza dei militanti di Aliud. Proprio chi gravita da anni nei meandri della destra – più o meno estrema – dovrebbe detestare l’ostracismo tipico della sconfinata galassia “sinistra”, che va dai medio progressisti, fino agli antagonisti.  La galassia che, forte di un’egemonia culturale ormai cristallizzata nel panorama editoriale ed artistico, opera da decenni una fastidiosissima censura preventiva di ogni opinione difforme. Una polizia del pensiero che ha mietuto vittime soprattutto in ambienti vicini ad Aliud.

… da sinistra e dal Comune

Per ciò che concerne la posizione dell’Anpi naturalmente, vige un meccanismo uguale e contrario. Da anni mobilitati in costante opposizione rispetto alle riletture di un dato periodo storico (il compianto Pansa ne sa qualcosa), ora non esitano a prendere le difese di chi, muovendo da convinzioni personali che minano ogni beneficio del dubbio sulla sua integrità, pretende di ridimensionare il nostro genocidio: unico termine davvero idoneo, visto il ricatto dei partigiani titini e dei loro collaborazionisti italiani (esilio o morte) fondato su basi etniche e linguistiche. Più passano gli anni dunque e più sorge il dubbio che per gli eredi del movimento partigiano il territorio nazionale da liberare fosse nitidamente circoscritto; quasi come se la penisola istriana rappresentasse un distaccamento pieno di reietti.

Riassunto grafico dell’infoibamento

Se il paradosso insomma è ravvisabile un po’ dappertutto, senza esenzioni, c’è però un aspetto che rende la fattispecie più incresciosa e riguarda una parte terza: le istituzioni. La concessione di una parte del suolo pubblico ai fini di questa conferenza infatti, è ciò che sposta l’ago della bilancia nel giudizio di merito. Come possono i rappresentanti locali di un paese che riconosce ufficialmente il giorno del ricordo per i martiri delle Foibe (10 Febbraio), far accomodare tra le proprie mura un personaggio che disconosce quell’evento storico?

L’esigenza di costante revisionabilità

Ad ogni modo, l’auspicio è quello di archiviare queste battaglie campali sull’opportunità o meno di certe riletture. La storia e tutte le scienze inesatte – nomen omen – sono e devono restare, per loro stessa natura, assoggettabili a revisione costante: dalle Foibe, al ruolo della Resistenza, passando perfino per il tanto agognato tema olocaustico. Sì, avete letto bene. Anche quello.

Per quanto possa apparire inaccettabile, la dogmatizzazione di un evento è l’approccio più antitetico possibile rispetto ad una materia che fa del confronto, del dibattito e dell’argomentazione di nuove fonti la sua linfa vitale. E chi ne fa ancora una questione di freddi numeri è destinato a gravitare per sempre nei corridoi liceali e nelle sue sterili polemiche antiscientifiche. Il metodo fideistico ed oscurantista di questi soggetti non avrebbe mai consentito a Copernico di sconfessare la teoria tolemaica, costringendoci a vivere, ancora oggi, nella convinzione di essere il centro assoluto dell’universo. Tanto per dirne una.

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Di Filippo Klement

Classe 1990, ha studiato giurisprudenza, a latere un vasto interesse per la storia contemporanea e la politica.

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